Anne-Laure Boch |
"Mi pongo la domanda: perché? Perché arrivare fino in cima quando ci si può accontentare del valico?
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Una passione, un amore: ecco che cos'è la montagna per coloro che vengono designati con il bel nome di dilettanti, dal latino diligere, amare. Il dilettante, come indica l'etimologia, è colui che ama, e dunque prova per il suo oggetto d'elezione un sentimento di attrazione disinteressata, indipendentemente da qualsiasi compensazione pecuniaria o sociale. Il dilettante pratica l'alpinismo per il proprio piacere, il proprio svago, la propria soddisfazione individuale, senza secondi fini. Nonostante l'intensità della sua passione, non può dedicarle che il suo tempo libero, sempre troppo breve: vacanze e fine settimana.
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Tuttavia il termine "dilettante", pur suscitando simpatia, contiene una sfumatura di degnazione. Agli occhi dei professionisti, il dilettante è sempre... un dilettante! Ovvero qualcuno le cui competenze sono comunque un po' scarse, le capacità limitate.
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Dal punto di vista razionale, l'alpinismo non è facile da giustificare, si direbbe anzi il paradigma dell'attività irrazionale, o meglio antirazionale... Si potrebbe cercare di delineare una tipologia, o una sociologia, dell'alpinista dilettante. Si noterà allora che si tratta principalmente di persone che abitano in città, hanno superato i trent'anni, esercitano una professione di responsabilità e hanno un buon livello culturale, più uomini che donne... provengono dalla civiltà occidentale moderna.
Moderna, la passione dell'alpinismo lo è in modo palese... nasce nell'anno della scoperta dell'America (1492) con la spedizione di Antoine de Ville al Mont Aiguille, ma in realtà l'interesse per le ascensioni ha origine nel 700; è durante il secolo del Lumi... Il secolo dell'amore per la Ragione è anche quello in cui emerge la passione antirazionale che è al cuore dell'alpinismo. Alla fine del secolo, per l'esattezza l'8 agosto 1786, Paccard e Balmat realizzano l'impresa fondatrice: la conquista del Monte Bianco. La via delle grandi altezze era ormai aperta. Il loro esempio indusse numerosi "ascensionisti" a tentare l'avventura delle cime... specialmente inglesi, come Whymper e Coolidge. L'800, secolo borghese, fu l'epoca in cui l'avventura così poco borghese dell'alpinismo si sviluppò, attirando un numero sempre maggiore di appassionati, e organizzandosi anche come pratica professionale, grazie alle guide, che ben presto si costituiscono in corporazione. Quanto al '900, è stato il secolo delle grandi imprese, della mediatizzazione, ma anche della banalizzazione... Diventa uno sport "quasi" come gli altri.
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Storicamente, l'alpinismo può essere considerato il primogenito degli sport moderni... Il fatto è che l'alpinismo, nella nostra società, è stata la prima attività ad aver fornito la trasformazione del merito di guerra in merito sportivo... Mentre, in occidente, scompariva la sfera della guerra, teatro classico delle prodezze degli eroi di un tempo... il settore sportivo si è sviluppato fino ad accentrare le passioni più forti, i sogni più folli. La competizione pacifica ha sostituito lo scontro bellico, senza perdere la sostanziale intensità che lo animava. Grazie all'alpinismo, l'epica è stata reintrodotta nella modernità e l'ha salvata dall'insulso materialismo che la minacciava.
Si ricoderà l'invio ufficiale, nel 1950, della spedizione condotta da Maurice Herzog alla conquista dell'Annapurna: ridare autostima a una Francia cupa, umiliata. Lo scopo fu raggiunto, al di là di ogni speranza: a dispetto o a causa del tragico esito dell'avventura (Herzog e Lachenal furono i primi ad arrivare in vetta a una montagna di più di 8000 metri, a prezzo di atroci sofferenze e mutilazioni permanenti): gli ultimi cavalieri moderni.
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Per quanto modesto possa essere, l'appasionato dilettante non è insensibile a quell'epico soffio... L'entusiasmo, per accendere la nostra mente, non ha bisogno di pareti di VII grado. 'A ciascuno il suo Everest'... Chi va in montagna è circondato da un'aurea persistente, fondata su un'identità pressoché mitica: anima da conquistatore, sensibilità da poeta, corpo d'atleta, cuor di leone...
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In montagna si 'tiene botta' perché si secerne una grande quantità di cosiddetti ormoni dello stress, tra cui l'adrenalina e le endorfine. Gli effetti... sul cervello sono ben noti: l'insensibilità al dolore, l'esaltazione, l'eccitazione psicomotoria; in qualche modo, l'alpinista è simile a un tossicomane, piacevolmente drogato dalle proprie secrezioni endogene...
Nell'intenso sforzo che si realizza in alta montagna c'è una sorta di involontario misticismo; anche i più miscredenti si mettono a parlare con Dio! Gli chiedono aiuto, lo invocano... Bizzarra rinascita di un sentimento religioso subliminale. Che lo si voglia o no, la montagna fa tutt'uno con il sacro. Non è un caso che sulle vette si innalzino santuari, croci o statue, e dopo la secolarizzazione della nostra società, inutili ometti di pietre - un inconsapevole rito di consacrazione. L'ascesa del corpo verso l'alto porta con sé l'elevazione dello spirito. Il semplice fatto di ascendere alle vette suscita in noi emozioni che non si deve aver paura di chiamare religiose: riscopriamo il turbamento del richiamo trascendente".
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