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Verso un Monte di Roccia e Parola |
"Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte" (Es 19,3). Qualcuno disse: "l'animale sente il richiamo della foresta, l'uomo il richiamo della sua compagna e la donna quello del compagno, ma infinitamente più profondo è il richiamo che l'anima sente del suo Dio, anche se di natura tanto diversa". "Sali verso di me", dice Dio a Mosè (Es 19,4; 24,12). Questa però è anche una montagna scoscesa.
Prima di partire anche noi per la vetta del monte, quella notte, abbiamo sfiorato col pensiero quel folto cespuglio custodito all'interno del Monastero e visitato il giorno precedente, quello che la tradizione custodisce come il roveto di Mosè: "Io sono colui che sono!" (Es 3,14), "Io sono qui, presente, per voi, con voi, nella storia"! Partiamo dunque anche noi alle 3 del mattino, consapevoli di non camminare per un'impresa alpinistica (800 m. di dislivello in 2 ore e mezza di cammino non sono poi tanti!) ma per una scalata più profonda, spirituale, alla ricerca non di un'idea di Dio (sarebbe folle e idolatrico), ma di una Presenza, anzi, di ciò che Gregorio nisseno chiamò "un sentimento di presenza" (Omelia XI sul Cantico, in PG 44), una "percezione", una "intuizione".
Lungo tutto il percorso troviamo capanne di beduini organizzate per la "processione" di pellegrini: tè caldo e coperte sono i prodotti più ricercati. Sono baracche di pietra e lamiera, foderate di panni e tappeti, anti-vento, anti-freddo, anti-panico per i meno resistenti. I gruppi vi fanno sosta, si ricompattano, vi cercano bagni e carta igienica, comprano pietre... Le superiamo tutte, una dopo l'altra, come stazioni di metro, scansando gli innumerevoli cammelli che salgono e scendono trasportando le voci occorre dire, dimesse, dei loro autisti: "camel! taxi!. Giunti su un valico, la luce della luna illumina la valle del versante opposto e svela la posizione del villaggio di questi "abitanti del deserto", una baraccopoli di 7000 persone circondata dalle vette del massiccio. Di fronte a noi appare la cuspide del Gebel Musa, un'ombra nera su uno sfondo sempre più blu cobalto. Ci si sente piccoli e come afferrati da una strana forma d'umiltà. Toccando le fredde pareti di pietra percepiamo cosa sia la "roccia" da queste parti. "Roccia". Ecco una prima intuizione del mistero tanto inseguito dall'uomo. "Il Signore è una Roccia eterna" (Is 26,4). I pellegrini guardano la roccia in silenzio e la Roccia resta lì, immobile. Più tardi scenderanno tutti portandosi dietro un'impressione, un ricordo affidato ad una foto. Non così questa Roccia. Per scoprire cosa significhi la Roccia occorre aver sperimentato che tutto passa: passa il giorno ed è subito sera, passa una stagione dopo l'altra, gli alberi fioriscono, danno frutto, perdono le foglie ed è di nuovo inverno, poi invecchiano col tempo e cadono. Come le cose, così l'uomo. Nel tentativo di non passare e morire ci si aggrappa alla giovinezza, poi all'amore, poi ai figli, alla fama, in cerca di monumenti più duraturi del bronzo. Invano. Nasciamo e parte il countdown che non si ferma più. Parmenide disse che tutto è immobile e che il divenire è solo apparente, Eraclito rispose che niente è immutabile e che tutto è in divenire, Empedocle cercò una via di mezzo ma, forse impressionato proprio dal contrasto tra la sabbia del deserto mangiata in questi giorni e queste roccie, qualcuno scrisse: l'uomo è come polvere, Dio è una roccia eterna. E questa roccia è Cristo, aggiunse San Paolo (1Cor 10,4), il Risorto che ci accompagna nella storia. Chi costruisce su questa roccia sará stabile per sempre poiché egli è la pietra scartata divenuta "angolare" (1Pt 2,6).
Arriviamo finalmente sulla cima del Gebel Musa. Non siamo soli. C'è gente di tutte le latitudini: egiziani ma anche europei, qualche americano, molti asiatici di diversa provenienza. Rimaniamo avvolti nelle nostre giacche, osserviamo il disco rosso del fuoco che si innalza sugli sfondali delle catene montuose che si susseguono una dopo l'altra, come quinte in un gigantesco teatro. Qualcuno accenna ad un canto, altri si distraggono dietro a camere fotografiche e videocamere di ultima generazione. A me viene in mente un pilastro dell'ebraismo: "Ascolta Israele, il Signore è Dio, il Signore è Uno". Non c'è nessun altro!
Non uccidere.
Non rubare.
Non desiderare la donna degli altri. Né le sue cose. Non dire falsa testimonianza. Onora tuo padre e tua madre. Ricordati del giorno di riposo. Non pronciare in modo vano il mio Nome. Ma soprattutto: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai un idolo di niente, non ti prostrerai davanti a lui e non lo servirai. perché Io Sono.
Cominciamo la discesa. Metà dei beduini incontrati nella notte sembra essere sparita. L'altra metà ha fretta di portare tutti giù. Si alza il vento e l'aria comincia a riempirsi di polvere. Ci accorgiamo di essere zuppi di polevere, dappertutto, ne sono impregnati i vestiti, ne abbiamo in faccia, dentro le scarpe, sotto i capelli. Scendiamo veloci ma incantati dallo spettacolo delle vette, dalla linea di luce che pettina le pareti, che pennella di rosso prima le cime e poi sempre più giù, fino alle pendici.
Giunti al Santa Caterina il sole è ormai alto. È l'ora della doccia.
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