sabato 20 giugno 2015

Testa dell'Autaret (3015 m.) e Cresta dei Denti di Maniglia

La Val Varaita. A destra la Rocca Senghi (2450 m.)
La salita alle creste di confine che separano la cunese Val Varaita dalla francese Val Ubaye, inizia il 18 giugno 2015, alle 7.30, al parcheggio del Rifugio Melezè (1812 m.): caffè ristretto e via. Passate le case di S. Anna di Bellino, poco sopra il rifugio, si cammina su comoda carrareccia, si attraversa tre volte il torrente Varaita su solidi ponti e si prosegue su bel sentiero Gta, l'U27. A destra, la Rocca di Senghi controlla la Valle con il suo inconfondibile profilo da super-sasso precipitato lì per caso. Davvero bella deve essere la ferrata allestita sul suo spigolo sud. In breve si arriva sul Pian Ceiol, poco oltre quota 2000. Superati i pratoni, la gola e le spalle erbose che caratterizzano l'U27 si arriva alla Grange dell'Autaret, a 2540 m. Qui occorre tenere il più possibile la destra, come consigliato dalla maggior parte delle cartine. E proprio qui, in maniera del tutto inaspettata, come un regalo piovuto dal Cielo, avviene un incontro a dir poco straordinario: su uno dei numerosi dossi del pianoro delle Grange, in mezzo all'erba alta, due cuccioli di capriolo appena nati tentano per la prima volta di mettersi in piedi.
Due cuccioli di capriolo appena nati...
Due creature fantastiche ed un'emozione unica! È questo quello che può succedere quando si decide di lasciare il sentiero segnato per avventurarsi su vie nuove, insolite, per camminare a vista. A questo punto si sale in direzione del Colle dell'Autaret seguendo tracce che vanno e vengono, fino ad arrivare sulle creste che chiudono la valle e segnano il confine tra l'Italia e la Francia. Per sbagio risaliamo il vallone che conduce al Colle tenendoci troppo sulla sinistra e, una volta giunti in cima alla cresta di confine proseguiamo a sinistra, verso i Denti del Maniglia, fino a toccare la quota 3000. Un gipeto, con il suo inconfondibile piumaggio giallo e rosso, perlustra la zona compiendo ampi giri qualche metro sopra le nostre teste e concedendosi per qualche istante all'obiettivo della fedele fotocamera. Dopo un incontro così non rimane altro che sedersi e tirare il fiato.
Un gipeto...

Il tempo di un boccone e di una rapida sbirciata alla vette circostanti e scatta l'orgoglio di voler ugualmente arrivare in vetta alla meta inizialmente designata: la Testa dell'Autaret. Scendiamo dunque di quota, un centinaio di metri lungo la pietraia, per attraversare in diagonale tutto l'anfiteatro detritico che caratterizza il vallone, cercando di perdere quota il meno possibile. Ci portiamo così sul lato destro del Colle per risalire la cresta che conduce alla cima dell'Autaret. Qui troviamo altri stambecchi ad attenderci e spiarci. In totale avremo già avvistato, e talvolta sfiorato, almeno una ventina di capre ibex oggi. Decine anche le marmotte e qualche capriolo. Un solo bipede, al ritorno, diretto al Melezè.
In vetta alla Testa, un paio di foto e qualche minuto di pace. Ci sono solo due pietre acuminate a segnalare la cima ed una scritta di vernice bianca su una roccia a ricordare all'escursionista l'altezza della cima: 3015 m.
In cima alla testa dell'Autaret

Dalla vetta diventa immediatamente più chiara quella che avrebbe dovuto essere la linea di salita. Il lago dell'Autaret si trova circa 100 m. più in alto della Grange dell'Autaret, impossibile da vedere a chi giunge alla Grange seguendo il sentiero U27. D'altra parte, individuare la Grange stessa non è facile essendo tutto il pianoro punteggiato di casette diroccate. Si discende dunque attraverso la cresta sud dell'Autaret fino ad incrociare nuovamente il sentiero U27 e, da qui, giù fino a S. Anna di Bellino.
Il tutto per un dislivello di circa 1500 metri.
Al rifugio Melezè occorre assolutamente cenare: si spende pochissimo, si mangia tantissimo e soprattutto, la cucina è spaziale. Complimenti ai cuochi.

Il Pelvo di Ciabrera, la Testa dell'Autaret (a destraI e il Monviso sullo sfondo
Il Monte Maniglia (a sinistra) con i suoi Denti (a destra)

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