domenica 17 marzo 2013

Il Monviso dell'abate Castiglione

Riporto un articolo interessante di Laura e Giorgio Aliprandi, apparso su Montagne 360, febbraio 2013, dal titolo 1627: l'abate Castiglione esplora il Monviso.


L'abate Valeriano Castiglione non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato un punto di riferimento importante nella storia della cartografia alpina. Eppure, nella prima metà del diciassettesimo secolo, una sua pubblicazione avrebbe dato il via ad una straordinaria avventura dal punto di vista scientifico che, ancora oggi, lo vede protagonista. Ma andiamo con ordine: facciamo idealmente un viaggio nel tempo e fermiamoci nel 1627 quando l'abate milanese Valeriano Castiglione (1593-1668) esplora la Valle Po, giungendo alle pendici del Monviso.
Per raccontare questa sua esperienza di viaggio il Castiglione diede alle stampe un opuscolo di ventidue pagine, Relatione di Monviso et dell'origine del fiume Po, stampato a Cuneo da Cristoforo Strabella. Nella relazione descrive la sua escursione dalla pianura (Savigliano e Saluzzo) attraverso la Valle Po per raggiungere le pendici del Monviso. Una carta manoscritta con la misura delle altezze documenta la sua singolare impresa, punto di riferimento nella storia dell'alpinismo scientifico.
Valeriano Castiglione fu noto ai suoi tempi come letterato, e la sua fama ci è stata tramandata dal ricordo tra il serio e il faceto, ma basato su verità storica, che di lui fece Alessandro Manzoni nel capitolo XXVII dei Promessi Sposi. Lo spunto per ricordare il Castiglione fu la sua opera Statista regnante del 1626, saggio politico in cui descrive come il principe deve comportarsi nell'esercizio del governo.
L'abate Castiglione è autore inoltre di manoscritti inediti conservati alla Biblioteca Braidense di Milano. Si tratta di una Relatione della guerra valdese del 1655, scritta da lui in qualità di storiografo del duca di Savoia Carlo Emanuele II, in cui cita il gran monte Vesulo descrivendo la valle di Luserna. La Relatione è stata compilata trenta anni dopo l'escursione al Monviso e dimostra che l'autore aveva una buona conoscenza del territorio valdese e delle sue vicende storiche.
Per inquadrare l'opera del Castiglione sul Monviso è necessario premettere due considerazioni:
* Il primo luogo una domanda: come mai un abate milanese di 34 anni, sia pure legato al Piemonte in quanto storiografo del duca Carlo Emanuele II di Savoia, decide di fare un'escursione al Monviso e alle sorgenti del Po come fosse un turista ante litteram in un territorio alpino all'epoca al di fuori di ogni interesse descrittivo? La spiegazione ce la dà lui stesso a pag. 4 del suo volumetto dove dice che "trovandomi in Piemonte sotto la protezione di un gran nume col suo favore fui tolto dalle mani di alcuni corsari iniqui che malignamente studiarono interrompere il corso delle mie onorate fortune, mi venne voglia di trasferirmi agli ultimi confini dell'Italia". È un'abile perifrasi per dire che aveva ricevuto minacce per la sua vita, e questo l'aveva indotto a "cambiare aria" e ad allontanarsi dal suo luogo di residenza (Milano o Torino?) per raggiungere una località remota quale poteva essere allora il Monviso.
* In secondo luogo, nel testo Castiglione riferisce che la descrizione della sua escursione al Monviso è accompagnata da una carta topografica della zona delineata dall'ingegnere Giacomo Antonio Biga di Savigliano. La menzione di questa carta è misteriosa: infatti, da un'indagine da noi compiuta sui rari esemplari della Relatione di Monviso, risulta che non è presente nessuna carta a stampa. Tuttavia, il testo del Castiglione in nostro possesso ha allegata una carta manoscritta fatta per "intelligenza della Relatione di Monviso et all'origine del fiume Po scritta da Don Valeriano Castiglione milanese... delineata da Giacomo Antonio Biga di Savigliano". È proprio la carta che il Castiglione descrive nel suo saggio! Probabilmente da questa si sarebbe dovuta ricavare la carta a stampa che per motivi a noi ignoti non è mai stata pubblicata. Nei limiti della nostra ricerca fatta presso vari istituti e biblioteche, la carta che pubblichiamo sembra essere un esemplare unico.

Nella storia dell'alpinismo il testo di Valeriano Castiglione risulta di notevole importanza in quanto per la prima volta viene descritta un'esperienza di viaggio nel territorio di una grande cima, il Vesulo gigante delle Alpi, fino alle sue pendici con i primi tentativi di misurazione dell'altezza della montagna e del territorio circostante dal lago Chiaretto (vedi foto).
Castiglione può essere considerato uno degli iniziatori dell'alpinismo scientifico già un secolo prima della misurazione delle altezze di Jakob Scheuchzer effettuate con il barometro e riconosciute fra le prime nella storia dell'alpinismo.
Purtroppo il testo non dà spiegazioni sulla metodica usata per rilevare le altezze, però dal disegno presente sulla carta si può supporre che queste siano state rilevate con il metodo geometrico descritto da Oronzo Fineo nel 1587 e riassunto da Padre Riccioli nel Liber Sextus Altimetricus contenuto nel suo testo Geographiae et Hydrographiae reformatae, edito a Venezia nel 1672. In questo sono descritti i vari strumenti utilizzati per la misura della altezze in epoca pre-barometrica. Il Riccioli distingue una altezza assoluta e una altezza relativa ed in tal senso vanno interpretate le misure riportate nella carta di G.A. Biga: quelle dell'abate Castiglione sono quindi misure che non hanno come punto di riferimento l'altezza del mare. Per la Piramide di Monviso viene data una misurazione di 540 trabucchi piemontesi, corrispondenti a 1664 metri, essendo il trabucco piemontese pari a metri 3,082. Questa altezza è stata rilevata presumibilmente nei dintorni del lago Chiaretto ed è una misura relativa, poichè indica esclusivamente l'altezza della piramide del Monviso a partire dalla quota del lago. A questa misura va poi aggiunta l'altezza del lago sul livello del mare, che è di 2261 metri. Riepilogando: altezza della piramide (1664 metri) + quota sul livello del mare del lago Chiaretto (2261 metri) = 3925 metri, vicina a quella reale, che è di 3841 metri.
La carta topografica manoscritta della regione del Monviso di G.A. Biga è dunque il primo esempio di cartografia settoriale di un massiccio alpino, centocinquanta anni prima della carta del Monte Bianco di De Saussure del 1786.

Per maggiori approfondimenti si può consultare il testo: Laura e Giorgio Aliprandi, Le Grandi Alpi nella cartografia 1482-1885, Priuli & Verlucca, volume II, 2007.

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