lunedì 9 dicembre 2019

Roccia e aria. I monti di Pietro

Karol Wojtyla, ovvero San Giovanni Paolo II, fu assiduo frequentatore di monti. Negli anni '50 fu sui Monti Tatra, sui Carpazi: là, sui Beschidi orientali, il giovane Karol amava sciare o condurre gruppi di giovani uomini e donne tra monti ed alpeggi, tra pascoli e boschi, a piedi tra le verdi vallate o in canoa lungo i fiumi della Masuria.
Nel decennio successivo fu sui monti Biesczczady, dove strinse amicizia con i coniugi Andrzej e Wanda Pòltawski: lassù Wojtyla scoprì i simboli nascosti di quelle materie: "Seno di bosco discende / Al ritmo di montuose fiumare... / Se vuoi trovare la sorgente, / devi proseguire in su, controcorrente" (Karol Wojtyla, Trittico romano, Libreria Vaticana 2003).
Divenuto Papa, continuò a frequentare i monti percorrendo le Alpi e gli Appennini, dal Trentino alla Valle d'Aosta, dai laziali Simbruini all'abruzzese Gran Sasso d'Italia.
Nel '79, per onorare il suo predecessore di origine cadorina, celebrò l'Angelus sulla Marmolada, a Punta Rocca (3265 m.). Disse: "Se è vero che l'attività sportiva, sviluppando e perfezionando le potenzialità fisiche e psichiche dell'uomo, contribuisce ad una più completa maturazione della personalità, ciò vale in modo particolare per coloro che praticano l'alpinismo. Con le parole del mio predecessore Pio XII vi esorto ad essere docili alla lezione della montagna" (Discorso del 26 aprile 1986).
Là, nel Cadore, ci ritornò per dieci anni, dal 1987 al 1998. Scalò persino, ormai quasi settantenne, il monte Peralba, un EE di 2694 m. Il giornalista Umberto Folena, che lo accompagnò lassù il 20 luglio 1988, qualche giorno dopo scrisse di lui: "Roccia e aria, carne e spirito, la fatica che eleva, i sassi e il sudore. Questo era Wojtyla, caparbio e dolce, capace di insondabile spiritualità proprio perché consapevole e amico del proprio corpo, della terra, della roccia, dell'aria nei polmoni" (U. Folena, Toscana oggi, luglio 1988). Poco sotto la cima, oggi, vi una targa con scritto: "Forza, là sulla cima c'è la croce. Là io ora devo arrivare". Piantata nel suolo roccioso, in effetti, vi è una grande croce in ferro battuto, accompagnata da una Madonnina in pietra ed una campana.
In Cima al Monte Peralba, 20 luglio 1988
In Valle d'Aosta San Giovanni Paolo II trascorse diverse estati, soprattutto a Les Combes, frazione di Introd. Nel 1986 si fece portare in elicottero sul Ghiacciaio della Brenva, nel cuore del Monte Bianco, a quota 3550, per contemplare da vicino l'immensa cattedrale formata dalle guglie dell'Aiguille Noire, dell'Aiguille Blanche de Peutérey, dal Pillier d'Angle e dalla Poire. Ritornò nel 1990, sempre in elicottero, per lo stesso motivo, fino a quota 4784, sul Colle Major. Da ciò che visse interiormente in quei giorni nacque la sua "lezione della montagna": "Guardando le cime dei monti si ha l'impressione che la terra si proietti verso l'alto, quasi a voler toccare il cielo: in tale slancio l'uomo sente in qualche modo interpretata la sua ansia di trascendenza e di infinito". E ancora: "Dinanzi al maestoso spettacolo di queste cime e di queste nevi immacolate, il pensiero sale spontaneo a Colui che di queste meraviglie è il creatore: 'Da sempre e per sempre tu sei, o Dio'. In ogni tempo l'umanità ha considerato i monti come luogo di un'esperienza privilegiata di Dio e della sua incommensurabile grandezza" (Angelus, Chétif, 7 settembre 1986).
Così lo racconterà Lino Zani, guida del Papa in tutte le sue uscite sull'Adamello: "Di solito preferiva angoli affacciati su una vista che potesse spaziare verso l'orizzonte e si metteva al cospetto dell'infinito. E sempre tornava quella sofferenza e sentita immobilità, quella capacità di concentrazione ascetica che non ho mai visto mantenere così a lungo da nessun altro essere umano" (L. Zani, Era santo. Era uomo, Mondadori 2001).


"Ricordati - disse Giovanni Paolo II alla guida Lino Zani giunto sull'Adamello il 17 luglio 1984 - che arrivati in cima si può solo scendere. Più in là di tanto l'uomo non può andare!". Oggi, chi sale sulla Punta Cresta, sull'Adamello, troverà a quota 3267, una croce in granito. Poco più in basso, ai 3196 m. della Lobbia Alta, sorge un altare, anch'esso in granito, una campana che evoca la preghiera, e l'effige della Madonna dell'Adamello: tre elementi scolpiti nella roccia che formano un'immensa cattedrale  che ha il cielo per tetto, le nevi per pavimento e le cime dei monti per pareti. Cos' Wojtyla ne esaltò la maestosità: "Qui, tra gli spazi sconfinati e nel silenzio solenne delle cime, si avverte il senso dell'Infinito! In questo scenario maestoso e possente, l'uomo si sente piccolo e fragile, e più facilmente percepisce la magnificenza e l'onnipotenza di Dio, creatore dell'universo e redentore del genere umano".
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