martedì 1 settembre 2015

Etna, Cratere Sud-Est (3280 m.)



«… l’Etna nevoso, colonna del cielo / d’acuto gelo perenne nutrice / lo comprime. / Sgorgano da segrete caverne / fonti purissime d’orrido fuoco, / fiumi nel giorno riversano / corrente di livido fumo / e nella notte rotola / con bagliori di sangue / rocce portando alla discesa / profonda del mare, con fragore» (Pindaro, Pitica I, 470 a.C.).
Il Cratere Centrale
Non era nevoso né gelato l’Etna quando, con Francesco, siamo saliti sul cratere Sud-Est del vulcano attivo più alto della Placca euroasiatica. In vacanza in Sicilia, non potevamo ignorare questo strano 3000, il Mons Gibel (da cui Mongibello), il complesso vulcanico del Quaternario conosciuto dai greci e dai romani come Aitna o Aetna,  la montagna che brucia. La geologia ci insegna che 570 mila anni fa, la zolla euro-asiatica e quella africana decisero di scontrarsi, scatenando colossali eruzioni sottomarine di lava basaltica e generando così i primi coni vulcanici. L’intera area venne sollevata per centinaia di metri, si accumularono tonnellate di prodotti eruttivi, ne nacque una nuova regione dominata da un edificio vulcanico a scudo, l’attuale basamento dell’Etna. Poi, 350 mila anni fa, ne scaturirono lave fluide ed effusioni di magmi, spuntarono coni subaerei di tipo alcalino che crebbero con l’attività esplosiva ed eruttiva del vulcano fino a formare un “vulcano ellittico” di 4000 metri.  Dalle bocche sommitali e dagli apparati eruttivi parassiti nascerà l’attuale Mongibello, un vulcano in continua mutazione. Quattro crateri sommitali attivi: il centrale o Voragine, il subterminale di Nord-Est (formatosi nel 1911), la Bocca Nuova (del 1968) ed i subterminale di Sud-Est (del 1971) denominato SEC, il più attivo negli ultimi anni, quello da noi salito il 26 agosto 2015. Nel 2011, dal cratere a pozzo del SEC, si è sviluppato quello che gli studiosi chiamano Nuovo Cratere di Sud-Est, il NSEC, l’ultimo nato ma già alto 2390 metri.
Qui il dio Eolo imprigionò i suoi venti, fu confinato il gigante Tifone, venne sepolto da Atena l’altro grande gigante Encelado, lavorò Efesto detto anche Vulcano, il fabbro degli dèi, il dio del fuoco e della metallurgia. Qui i Ciclopi forgiarono le saette di Zeus, Empedocle vi si gettò per carpirne i segreti. Qui sotto vi era il Tartaro, il mondo dei morti. Quando nel 252 l’Etna eruttò, un anno dopo il martirio di Sant’Agata, i catanesi presero il velo della santa, rimasto intatto dal fuoco, e ne invocarono il nome: l’eruzione finì ed il velo divenne rosso sangue. Qui , secondo le leggende, risiedette Re Artù in un misterioso castello e risiedette pure Elisabetta I d’Inghilterra a causa di un patto fatto col diavolo in cambio del suo aiuto. Insomma, un 3000 davvero carico di storie da tramandare.
Un paesaggio davvero lunare
La nostra inizia al Rifugio Sapienza (1900 m.), un albergone turistico con bar, ristorante, negozi di souvenir ed ogni altra attrazione turistica da ciabatte e costume da bagno. Saliti con la funivia fino a quota 2500 circa (a soli 24 € a testa), abbiamo cominciato a risalire le pendici del vulcano tagliando il più possibile le polverose curve della carrareccia che conduce i turisti a bordo dei pulmini alla Torre del filosofo, a quota 2900. Da qui, superati di i cartelli di divieto e di pericolo e incuranti delle guide, abbiamo cominciata la nostra piccola avventura. Il sentiero conduce presto a ridosso di una delle ultime colate laviche, nera come il carbone e tagliente come una lama. Giunti oltre la colata, ci imbattiamo in un gruppone di turisti-escursionisti capitanati da una delle guide del parco. Alle mie richieste di informazioni, la guida mi risponde piccata facendomi notare la gravità dei nostri atti sconsiderati in seguito alla violazione delle norme circa l’accesso ai crateri sommitali. Ignorati i saggi ammonimenti, proseguiamo lungo un sentiero che traversa in leggera salita le pendici del cratere Sud-Est. Dopo pochi metri ci ritroviamo avvolti nella nebbia che sale dal basso. Decidiamo di non rischiare. Ritornati sui nostri passi, dopo qualche metro, troviamo una traccia sabbiosa che si arrampica sul versante opposto del cratere. Decidiamo di provare a raggiungere una bandierina che si intravvede qualche decina di metri più in su. Arrivati alla bandierina ne vediamo un’altra. Sul questo lato pare che la nebbia non arrivi. Sopra di noi il cielo è di un bel azzurro. La salita procede su sabbia scura e fastidioso ghiaietto.
Sulla bocca del Cratere Sud-Est
Arranchiamo a strappi fino ad una terza bandierina. Nel frattempo una coppietta di torinesi trapiantati da 20 anni a Barcellona ci segue, trainati dalla nostra ostinazione. Alla quarta bandierina avvistiamo la spalla che separa il cratere centrale dal cono che stiamo inconsciamente risalendo. Il terreno fuma. Arrivano zaffate di zolfo. Dopo qualche minuto di salita ancora, una ventata di veleni ci aggredisce e ci avvolge. Gli occhi bruciano. Brucia anche la gola. L’odore sembra tossico e si respira a fatica. Con grande meraviglia, arriviamo sulla bocca del cratere Sud-Est, a quota 3280. Un paesaggio lunare, arricchito di ampie macchie gialle e rocce ferrose tendenti al rosso. Dal cratere sale un fumo incessante. Facciamo le foto di rito e ci affacciamo giù per un rapido sguardo trattenendo il respiro. Cresce la paura di poter rimanere intossicati da tanti veleni e magari chissà, perdere i sensi. Dopo una rapida esplorazione dell’area, decidiamo così di scendere, saltando e scivolando sui ghiaioni che ci avevano reso la salita davvero ostica. Di ritorno sulla colata troviamo la neve, custodita dal vulcano sotto uno strato di cenere nera. Due panini alla torre del filosofo e via, giù fino alla macchina, a quota 1900. Giunti alla nostra Polo TD, scarichiamo a bordo strada etti di sassolini neri trasportati per tutto il giorno negli scarponi. In sintesi, circa 800 m. di dislivello in salita, conquistati sprofondando ad ogni passo, arrivo a quota 3280 e 1380 m. in discesa percorsi alla velocità del vento.
Uno sguardo tra i veleni del cratere

Il cratere Sud-Est

Il 14 maggio 1971, un’eruzione alla base del Cratere Centrale produsse un grosso pit a quota 3000, una specie di valvola di sfogo, che nel corso del tempo divenne un vero e proprio cratere, il Cratere Sud-Est, il più giovane e più attivo dei crateri negli ultimi decenni. In quell’estate il SEC divenne protagonista di una spettacolare emissione di gas grigiastri e cenere ad alta pressione, esplosioni stomboliane, fontane di lava. Nel 1978 avvenne la seconda fase, cui seguì una terza  nello stesso anno caratterizzata da un’intensa attivitá esplosiva. Nel 1979 si innalzò dal cratere una violenta fontana di lava alta 500 metri e un fiume magmatico cominciò a scorrere lungo la Valle del Bove. Nuove esplosioni stromboliane si registrarono nel  1984, nel 1985 e nel 1986: emissioni laviche, nuovi pit, lanci di scorie dalla bocca soffiante, emissione di gas ritmici misti a cenere di colore rossastro. Nel 1989 avviene forse uno degli eventi più spettacolari quando dal SEC si innalza una colonna di cenere a forma di fungo ma fu il 1990 l’anno del vero show del nuovo cratere: una potente esplosione iniziale, il 5 gennaio, annunciò l’inizio di un nuovo ciclo, forse quello più violento della storia recente dell’Etna, 23 milioni di metri cubi di materiale piroclastico spinti dal vento fino alle isole Eolie. Da qui nacque il cono ben visibile oggi. Nel 1997 la lava cominciò a traboccare nuovamente dal SEC ma è nel 1998 che la crescita del cratere diventa incredibilmente stupefacente: dal 1998 al 2000 il cratere acquista quasi 100 metri di altezza in seguito ai potenti getti alti quasi 1200 metri. Vennero ritrovati pezzi di 5 cm a 10 km di distanza, materiale che oggi rappresenta un formidabile concime per il territorio alle pendici del vulcano.
Castelli di lava
Tra il 1996 ed il 2001, il SEC divenne incredibilmente irriconoscibile: quella specie di enorme gobba formatasi tra il 1989 ed il 1990 si è evoluta in un grande e simmetrico cono di 300 metri circa, che dista circa 20 metri dal punto più alto dell’Etna. Dal 2000 in poi, quasi ogni anno vennero registrate attività vulcaniche attorno o dentro il nostro cratere, più o meno violente. Nel 2006 il SEC regalò agli osservatori una delle giornate più spettacolari degli ultimi anni. Con l’eruzione del 2007, il cono imponente del SEC non ha più dato segni di vita: tornerà a dare spettacolo nel 2011 ma da un nuovo arrivato, il NSEC, il Nuovo Cratere di Sud-Est.
Ultimi salitu al SEC

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