«… l’Etna nevoso, colonna del cielo / d’acuto
gelo perenne nutrice / lo comprime. / Sgorgano da segrete caverne / fonti
purissime d’orrido fuoco, / fiumi nel giorno riversano / corrente di livido
fumo / e nella notte rotola / con bagliori di sangue / rocce portando alla
discesa / profonda del mare, con fragore» (Pindaro, Pitica I, 470 a.C.).
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Il Cratere Centrale |
Non era nevoso né gelato l’Etna quando, con
Francesco, siamo saliti sul cratere Sud-Est del vulcano attivo più alto della
Placca euroasiatica. In vacanza in Sicilia, non potevamo ignorare questo strano
3000, il Mons Gibel (da cui
Mongibello), il complesso vulcanico del Quaternario conosciuto dai greci e dai
romani come Aitna o Aetna, la montagna che brucia. La geologia ci insegna
che 570 mila anni fa, la zolla euro-asiatica e quella africana decisero di
scontrarsi, scatenando colossali eruzioni sottomarine di lava basaltica e
generando così i primi coni vulcanici. L’intera area venne sollevata per
centinaia di metri, si accumularono tonnellate di prodotti eruttivi, ne nacque
una nuova regione dominata da un edificio vulcanico a scudo, l’attuale
basamento dell’Etna. Poi, 350 mila anni fa, ne scaturirono lave fluide ed
effusioni di magmi, spuntarono coni subaerei di tipo alcalino che crebbero con
l’attività esplosiva ed eruttiva del vulcano fino a formare un “vulcano
ellittico” di 4000 metri. Dalle bocche
sommitali e dagli apparati eruttivi parassiti nascerà l’attuale Mongibello, un
vulcano in continua mutazione. Quattro crateri sommitali attivi: il centrale o Voragine, il subterminale di Nord-Est
(formatosi nel 1911), la Bocca Nuova (del 1968) ed i subterminale di Sud-Est
(del 1971) denominato SEC, il più
attivo negli ultimi anni, quello da noi salito il 26 agosto 2015. Nel 2011, dal
cratere a pozzo del SEC, si è
sviluppato quello che gli studiosi chiamano Nuovo Cratere di Sud-Est, il NSEC, l’ultimo nato ma già alto 2390
metri.
Qui il dio Eolo imprigionò i suoi venti, fu
confinato il gigante Tifone, venne sepolto da Atena l’altro grande gigante
Encelado, lavorò Efesto detto anche Vulcano, il fabbro degli dèi, il dio del
fuoco e della metallurgia. Qui i Ciclopi forgiarono le saette di Zeus,
Empedocle vi si gettò per carpirne i segreti. Qui sotto vi era il Tartaro, il
mondo dei morti. Quando nel 252 l’Etna eruttò, un anno dopo il martirio di
Sant’Agata, i catanesi presero il velo della santa, rimasto intatto dal fuoco,
e ne invocarono il nome: l’eruzione finì ed il velo divenne rosso sangue. Qui ,
secondo le leggende, risiedette Re Artù in un misterioso castello e risiedette
pure Elisabetta I d’Inghilterra a causa di un patto fatto col diavolo in cambio
del suo aiuto. Insomma, un 3000 davvero carico di storie da tramandare.
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Un paesaggio davvero lunare |
La nostra inizia al Rifugio Sapienza (1900
m.), un albergone turistico con bar, ristorante, negozi di souvenir ed ogni
altra attrazione turistica da ciabatte e costume da bagno. Saliti con la
funivia fino a quota 2500 circa (a soli 24 € a testa), abbiamo cominciato a
risalire le pendici del vulcano tagliando il più possibile le polverose curve
della carrareccia che conduce i turisti a bordo dei pulmini alla Torre del
filosofo, a quota 2900. Da qui, superati di i cartelli di divieto e di pericolo
e incuranti delle guide, abbiamo cominciata la nostra piccola avventura. Il
sentiero conduce presto a ridosso di una delle ultime colate laviche, nera come
il carbone e tagliente come una lama. Giunti oltre la colata, ci imbattiamo in
un gruppone di turisti-escursionisti capitanati da una delle guide del parco.
Alle mie richieste di informazioni, la guida mi risponde piccata facendomi
notare la gravità dei nostri atti sconsiderati in seguito alla violazione delle
norme circa l’accesso ai crateri sommitali. Ignorati i saggi ammonimenti,
proseguiamo lungo un sentiero che traversa in leggera salita le pendici del
cratere Sud-Est. Dopo pochi metri ci ritroviamo avvolti nella nebbia che sale
dal basso. Decidiamo di non rischiare. Ritornati sui nostri passi, dopo qualche
metro, troviamo una traccia sabbiosa che si arrampica sul versante opposto del
cratere. Decidiamo di provare a raggiungere una bandierina che si intravvede
qualche decina di metri più in su. Arrivati alla bandierina ne vediamo
un’altra. Sul questo lato pare che la nebbia non arrivi. Sopra di noi il cielo
è di un bel azzurro. La salita procede su sabbia scura e fastidioso ghiaietto.
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Sulla bocca del Cratere Sud-Est |
Arranchiamo a strappi fino ad una terza bandierina. Nel frattempo una coppietta
di torinesi trapiantati da 20 anni a Barcellona ci segue, trainati dalla nostra
ostinazione. Alla quarta bandierina avvistiamo la spalla che separa il cratere
centrale dal cono che stiamo inconsciamente risalendo. Il terreno fuma.
Arrivano zaffate di zolfo. Dopo qualche minuto di salita ancora, una ventata di
veleni ci aggredisce e ci avvolge. Gli occhi bruciano. Brucia anche la gola.
L’odore sembra tossico e si respira a fatica. Con grande meraviglia, arriviamo
sulla bocca del cratere Sud-Est, a quota 3280. Un paesaggio lunare, arricchito
di ampie macchie gialle e rocce ferrose tendenti al rosso. Dal cratere sale un
fumo incessante. Facciamo le foto di rito e ci affacciamo giù per un rapido
sguardo trattenendo il respiro. Cresce la paura di poter rimanere intossicati
da tanti veleni e magari chissà, perdere i sensi. Dopo una rapida esplorazione
dell’area, decidiamo così di scendere, saltando e scivolando sui ghiaioni che
ci avevano reso la salita davvero ostica. Di ritorno sulla colata troviamo la
neve, custodita dal vulcano sotto uno strato di cenere nera. Due panini alla
torre del filosofo e via, giù fino alla macchina, a quota 1900. Giunti alla
nostra Polo TD, scarichiamo a bordo strada etti di sassolini neri trasportati
per tutto il giorno negli scarponi. In sintesi, circa 800 m. di dislivello in
salita, conquistati sprofondando ad ogni passo, arrivo a quota 3280 e 1380 m. in
discesa percorsi alla velocità del vento.
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Uno sguardo tra i veleni del cratere |
Il
cratere Sud-Est
Il 14 maggio 1971, un’eruzione alla base del Cratere
Centrale produsse un grosso pit a quota 3000, una specie di valvola di sfogo,
che nel corso del tempo divenne un vero e proprio cratere, il Cratere Sud-Est,
il più giovane e più attivo dei crateri negli ultimi decenni. In quell’estate
il SEC divenne protagonista di una
spettacolare emissione di gas grigiastri e cenere ad alta pressione, esplosioni
stomboliane, fontane di lava. Nel 1978 avvenne la seconda fase, cui seguì una
terza nello stesso anno caratterizzata
da un’intensa attivitá esplosiva. Nel 1979 si innalzò dal cratere una violenta
fontana di lava alta 500 metri e un fiume magmatico cominciò a scorrere lungo
la Valle del Bove. Nuove esplosioni stromboliane si registrarono nel 1984, nel 1985 e nel 1986: emissioni laviche,
nuovi pit, lanci di scorie dalla bocca soffiante, emissione di gas ritmici
misti a cenere di colore rossastro. Nel 1989 avviene forse uno degli eventi più
spettacolari quando dal SEC si
innalza una colonna di cenere a forma di fungo ma fu il 1990 l’anno del vero
show del nuovo cratere: una potente esplosione iniziale, il 5 gennaio, annunciò
l’inizio di un nuovo ciclo, forse quello più violento della storia recente
dell’Etna, 23 milioni di metri cubi di materiale piroclastico spinti dal vento
fino alle isole Eolie. Da qui nacque il cono ben visibile oggi. Nel 1997 la
lava cominciò a traboccare nuovamente dal SEC
ma è nel 1998 che la crescita del cratere diventa incredibilmente stupefacente:
dal 1998 al 2000 il cratere acquista quasi 100 metri di altezza in seguito ai
potenti getti alti quasi 1200 metri. Vennero ritrovati pezzi di 5 cm a 10 km di
distanza, materiale che oggi rappresenta un formidabile concime per il
territorio alle pendici del vulcano.
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Castelli di lava |
Tra il 1996 ed il 2001, il SEC divenne incredibilmente
irriconoscibile: quella specie di enorme gobba formatasi tra il 1989 ed il 1990
si è evoluta in un grande e simmetrico cono di 300 metri circa, che dista circa
20 metri dal punto più alto dell’Etna. Dal 2000 in poi, quasi ogni anno vennero
registrate attività vulcaniche attorno o dentro il nostro cratere, più o meno
violente. Nel 2006 il SEC regalò agli
osservatori una delle giornate più spettacolari degli ultimi anni. Con
l’eruzione del 2007, il cono imponente del SEC
non ha più dato segni di vita: tornerà a dare spettacolo nel 2011 ma da un
nuovo arrivato, il NSEC, il Nuovo
Cratere di Sud-Est.
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Ultimi salitu al SEC |
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