mercoledì 29 luglio 2015

Croce Rossa, o le Croix Rousse (3566 m.)



Il vallone del Rio Arnas dalla forra
La Croce Rossa è una bella e massiccia cima rocciosa situata sulla cresta di confine tra il Colle della Valletta e il Passo Martelli, in Val di Viù, punto culminante di una lunga cresta che, partendo dalle zone del Monte Collerin (3.475 metri) e passando dall'Uja Bessanese e dalla Punta d'Arnas, giunge sin qui e poco oltre. Costituisce così il versante più occidentale delle Valli di Lanzo. Si presenta particolarmente attraente dal versante orientale dove precipita con erte pareti. Numerosi itinerari sono stati realizzati ma la roccia è quasi ovunque rotta e malsicura. Sul versante nord-est, che domina il Lago della Rossa, vi è addirittura un piccolo ghiacciaio pensile (o ciò che ne rimane). Il primo salitore fu Antonio Tonini, nel 1857. Inutile dire che, essendo un punto molto elevato e centrale, in una zona oltretutto molto ampia, gode di uno stupendo panorama.
Percorsa la Val di Viù e oltrepassato il Comune di Usseglio (il cui nome pare derivare dalla divinità celtica "deus Occellus", come per Usseaux in Val Chisone e Oulx in Val di Susa), si parcheggia l'auto nella piazzetta del Comune di Margone (1410 m.) e, a lato del bar, si imbocca una stradina che attraversa tutto il paese, sbuca su uno sterratore da caterpillar, si inoltre nel bosco e lo risale fino ai ruderi di Trapette (1704 m.). È il sentiero 118. Si prosegue nel bosco fino ad attraversare un ampio pratone e, poco oltre, i resti della decauville che servì per la costruzione della diga del lago di Malciaussia. Lì, un cartello indica la direzione per il Rifugio Cibrario. Il 118 continua la sua risalita puntando sempre più a destra, in direzione del vallone del Rio Arnas, svolta nel vallone laterale (1900 m. circa), e prosegue con un lungo tratto pianeggiante, una specie di balcone d’erba tra due siepi che sembra fatto da una barra falciatrice. Si passa sotto la “Fonte della Lera” (invisibile), si attraversa il Rio della Lera (senza quasi accorgersene) e, a questo punto,  il sentiero comincia a salire in modo sostenuto. Si entra così in un vallone, tra le "prigioni della Lera" (la cresta di sinistra, per chi sale) e la Cresta Moncortil (a destra) e si giunge fino a quota 2324 m., dove un moderno ponticello di legno consente l’attraversamento del Rio Peraciaval. Qui è possibile ammirare alcune bellissime marmitte di erosione scavate dalla forza dell'acqua della forra. Dal ponte, con alcune svolte ripide, si raggiunge il rifugio Luigi Cibrario (2616 m.) in un vasto piano, il Pian Sabiunin - ma che tutti conoscono come Peraciaval -, visibile solo all'ultimo.
Il Pian Sabiunin con il rifugio Cibrario
Il rifugio Cibrario prende il nome dal suo ideatore, Luigi Cibrario, presidente del CAI di Torino per vent'anni e originario di Usseglio. Fu lui a volere il rifugio a Peraciaval nel 1890, una struttura di 15 mq. Il giorno della sua inaugurazione, il 28 luglio 1891, il Cibrario salì sulla Croce Rossa insieme a Vaccarone, Rey, Gonella, Devalle, Corrà e Palestrino, il meglio dell'alpinismo di quell'epoca. Il rifugio poi conobbe numerosi ampliamenti: nel 1914 venne preso in gestione dalla famiglia Vulpot di Villaretto, nel 1939, nel 1945 e, finalmente, negli anni 70, grazie alla gestione della sezione CAI di Leinì.
Dal rifugio si prosegue lungo il sentiero 118 in ripido traverso, una rampa ben tracciata che parte dietro il Cibrario e si dirige in direzione est fino al lago Peraciaval (2745 m., la tabella al rifugio dice 20 min.), una perla paradisiaca abbellita da una cascatella spettacolare.
Il Lago Peraciaval
Da qui il sentiero rimane sempre ben evidente e ben tracciato (linee rosse ed ometti) e si dispiega su un lungo percorso che, risalendo tortuoso il pendio est di pietrami, porta direttamente al Colle della Valletta (3.207 m.). L’ultimo tratto prima del colle diventa detritico e composto in gran parte da sfasciumi, tuttavia facile. Questo colle, insieme al Colle dell'Autaret, era l'antica via dei contrabbandieri che portavano in Francia riso e rientravano in valle con sale di Provenza. I suoi sentieri furono per secoli antiche piste di caccia, battute dai cacciatori di orsi, di camosci e di stambecchi, i veri autori di questa rete viaria d'alta quota. Da qui transitavano perfino i minatori di rame, di cobalto e ferro che, a dorso di mulo, trasportavano i minerali a valle, giù a Lemie. Dal colle è possibile vedere per la prima volta la vera cima della Croce Rossa, che rimane sulla sinistra del filo di cresta, nell'apparente punto di minor altezza della stessa. A questo punto occorre seguire una traccia di sentiero sulla destra, sempre segnata con bolli rossi e ometti. Si scende di qualche metro sulla pietraia del versante francese, si risale il pendio su roccette e sfasciumi e si attraversa una piccola lingua di ciò che rimane della parte superiore del Glacier de la Vallettaz (testa del Glacier du Baounet), una volta molto esteso.
La madonnina della vetta

Dopo aver compiuto l'attraversamento verso nord del vallone sopra grandi e medi massi, leggermente in ascesa, ci si porta alla base di un canalino ancora invaso dalla neve, di notevole pendenza, lungo il quale la traccia prosegue, più faticosa. E’ questo il punto che richiede maggiore attenzione.  Oltre il canalino, che si risale forzando alcuni tratti su roccia, il sentiero si fa man mano sempre meno marcato, ma anche meno ripido e più stabile; si sale, dunque, con stretti tornanti su terreno infido, composto da piccoli sfasciumi, e direttamente puntando alla statuetta della Madonna ben visibile sulla cima. Ormai la cima è sulla verticale ed occorre puntare alla cresta immediatamente alla destra della madonnina. Da qui, in pochi minuti, si è in vetta.
In totale, 2156 m. di dislivello, 1206 il primo giorno e 950 il secondo.

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