sabato 18 luglio 2015

Punta Marmottere (3387 m.) e Punta Novalesa (3319 m.)



Il bivacco/rifugio Stellina
Con Francesco il 17 luglio 2015 salgo di nuovo sulle Alpi Graie della Val di Susa per una due giorni sul Gruppo del Rocciamelone (sottosezione Alpi di Lanzo e dell'Alta Moriana). La nostra destinazione sono due punte da 3300 metri, la Punta Marmottere (3387 m.) - o come riportata nella cartografia ufficiale francese, Mont Tour - e la Punta Novalesa (3319 m.).
Saliamo dunque con la nostra Ford Fiesta la statale 25 del Moncenisio fino al primo tornante oltre lo spiazzale della vecchia dogana: bivio per l’Alpe Tour, quota 1920. Lì lasciamo l’auto e cominciamo a percorrere i 7 km di sterrata che conducono all’Alpe Tour, prima con una ripida salita iniziale che conduce fino a quota 2200 e poi con numerosi falsopiani e saliscendi, in cui si perdono circa 200 m. di dislivello. Ai nostri piedi si estende la Val Cenischia (la breve valle laterale percorsa dal torrente Cenischia) con tutta la sua storia: la storia della Via Reale, dell’Abbazia di Novalesa (del 726), dei portantini che smontavano le carrozze per trasportarle su e giù lungo la ripida mulattiera, della ferrovia ad aderenza artificiale del XIX secolo.
Verso il Passo di Novalesa
Giunti all'Alpeggio (alpeggiatori di Chivasso, oltre 2000 pecore, centinaia di capre, una ventina di cani, 5 muli per il trasporto degli agnelli, 1 cavallo per quello del sale), un cartello ci indica il sentiero per il rifugio Stellina. A questo punto basta seguire le tacche di vernice bianco/rosse (onnipresenti) con addirittura il disegno stilizzato del rifugio. Dopo un primo tratto piuttosto ripido su un costone erboso, il sentiero taglia da sinistra verso destra passando sotto le infinite pietraie di Punta Marmottere, fino a giungere ad un colletto, oltre il quale, proseguendo a mezza costa, si giunge al rifugio Stellina (2610 m.), il bivacco/rifugio costruito dai volontari di Novalesa su un costone panoramico detto Punta Carolei e che prende il nome da una divisione partigiana guidata dal comandante Giulio Bolaffi: 25 posti letto, cucina e servizi, sistema fotovoltaico, acqua di cisterna non potabile e riscaldamento con stufe, aperto tutto l'anno, custodito da metà luglio a fine agosto e in alcuni fine settimana. Al rifugio troviamo i volontari Sergio e Clara ed un’ottima accoglienza. Cena, chiacchierata con coppia di austriaci e pernottamento in ambiente veramente pulito. Dalle 5 alle 7 un temporale pazzesco scarica sul bivacco secchiate di acqua. Al mattino ci svegliamo con la visione delle pendici del Lamet imbiancate ed una colazione caratterizzata da abbondante caffè vero!! 
Il ghiacciaio del Rocciamelone
I gestori del rifugio decidono di venire su con noi. Partiamo dal bivacco e seguiamo il sentiero per il Passo di Novalesa, ottimamente segnato. Rimontiamo la crestina di rocce ed erba che conduce nei pressi dei serbatoi dell'acqua, affrontiamo un lungo traverso ascendente, attraversiamo una vasta pietraia di rocce di piccola e media dimensione, disagevole solo in un paio di punti per via di qualche frana venuta giù quest’inverno. Superiamo una breve placca inclinata ricoperta di detriti, non troppo esposta, e affrontiamo l’ultimo tratto di ascesa diretta che conduce ad un intaglio roccioso - facilitato da un cavo d’acciaio ancorato alla roccia con qualche split - che conduce al Passo di Novalesa (3220 m.).
Il lungo avvallamento detritico fra le due punte.

Al passo, lo spettacolo è assicurato: il Rocciamelone con il suo ghiacciaio, visibile in tutto il suo sviluppo, dal Col di Resta fino ai crepacci più bassi. Mi sorprende constatare la velocità del suo ritiro, di anno in anno. Di fronte a noi lo sguardo è rapito dal dolce profilo della Pointe du Ribon (3529 m.).
Viriamo a sinistra e percorriamo la cresta di confine seguendo le tacche di vernice gialla (un po’ sbiadita), prima sul filo e poi, dopo le prime asperità, tagliando tutto il pendio nord della Punta Novalesa - alquanto strapiombante su questo lato - con un traverso tra pietrame e ghiaia a mezza costa e raggiungendo poco dopo un ampio pianoro compreso tra la Punta Novalesa e la Punta Marmottere. Sbucati su un colletto nevoso,  proseguiamo sul largo avvallamento detritico ed arriviamo rapidamente sulla Punta Marmottere in 2 ore e mezzo circa.
In vetta alla Marmottere
Il versante nord-est appare detritico nella parte superiore; più a valle si affaccia su quanto rimane del Ghiacciaio del Rocciamelone con una balza rocciosa. Quello sud-ovest, rivolto verso la Val Cenischia, si presenta invece aspro e dirupato. In vetta oltre a un cippo di confine eretto nel 1963, troviamo solo un modesto ometto di pietrame. Fu il Trattato di Parigi del 1947 che decretò la deviazione del confine italo-francese dallo spartiacque principale propria dal questa cima.
Oltre, la discesa al colletto del passo delle Marmottere e della Rocca Tour (3175 m.) appare veramente disastrata dalle frane e la prudenza ci consiglia di non tentare la discesa ad anello per tornare al rifugio.
Sulla Punta Novalesa
Dopo le rituali foto e un breve spuntino, scendiamo lungo la cresta per risalire su quella della vicina Punta Novalesa, tanto verticale su un lato quanto ampia e gradinata sull’altro. In cima troviamo un ometto di pietre. In cima alla Marmottere il gestore Sergio ci aveva promesso un’insalata di riso allo Stellina e allora, dopo una foto sulla fetta Novalesa, ridiscendiamo velocemente alla depressione detritica tra le due cime, ritorniamo al Passo e da qui, giù veloci al rifugio. Dopo pranzo, caffè, ultimi saluti e ritorno al lago del Moncenisio attraverso l’Alpe Tour e l’infinita sterrata, tra noiosissimi saliscendi e insistente pioggerellina.

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