venerdì 20 dicembre 2019

Si divenga più forti


Achille Ratti (1857-1939)
L'alpinismo: "Per vero tra tutti gli esercizi di onesto diporto nessuno più di questo - quando si schivi la temerità - può dirvi giovevole alla sanità dell'anima nonché del corpo. Mentre, col duro affaticarsi e sforzarsi per ascendere dove l'aria è più sottile e più pura, si rinnovano e si ringiovaniscono le forze, avviene pure che coll'affrontare difficoltà di ogni specie si divenga più forti pei doveri anche più ardui della vita, e col contemplare la immensità e bellezza degli spettacoli, che dalle sublimi vette delle Alpi ci si aprono sotto lo sguardo, l'anima si elevi facilmente a Dio, autore e signore della natura" (Papa Pio XI). Con queste parole il Papa alpinista Achille Ratti proclamò S. Bernardo da Mentone patrono degli alpinisti il 23 marzo 1923.
Nativo di Desio, iscritto alla sezione CAI di Milano fin dal 1888, alpinista sui monti del lecchese, sulle Grigne e sul Resegone, salitore della Cima di Jazzi (3804 m.), del Colle del Turlo (2738 m.), del Legnone, del Piccolo Cervino e del Gran Paradiso, del Monviso, del Pizzo Bianco, della Marmolada e della Grigna settentrionale (2410 m.), autore nel 1890, con l'amico don Luigi Grasselli, della via Ratti-Grasselli, una delle vie al Monte Bianco... Achille Ratti scalò, per la prima volta, la Punta Dufour (4634 m.), la più alta cima orientale del Monte Rosa, il 31 luglio del 1889:
Achille Ratti (al centro) in montagna
"Pel nostro uso e consumo non era neppur uopo di tante esperienze precedenti per stabilire che avevamo soprattutto bisogno di trovare il ghiaccio compatto, il tempo bello e freddo. La prima condizione ci doveva assicurare dagli imbarazzi creati dai crepacci, la seconda dal pericolo delle valanghe; pienamente fortunati ove trovassimo di molta neve fresca o gelo sulle rocce della vetta. Sono queste, mi affretto a dirlo, le condizioni che saranno sempre indispensabilmente necessarie a chi voglia ritentare e compiere questa ascensione, non dico senza difficoltà, che non è possibile, ma senza pericoli".
"... Il freddo era intenso; senza poterne con esattezza determinare il grado, ricorderò come il nostro caffè fosse perfettamente congelato, e vino e uova gli somigliassero già tanto da non essere rispettivamente né bevibile né mangiabili... In condizioni somiglianti di luogo e temperatura sarebbe stata somma imprudenza lasciarsi vincere dal sonno. Ma chi avrebbe potuto dormire con quella purissima aria (...) A quell'altezza, nel centro di quel grandiosissimo fra i più grandiosi teatri alpini, in quell'atmosfera tutta pura e trasparente, sotto quel cielo del più curo zaffiro, illuminato da un filo di luna e, fin dove l'occhio giungeva, tutto scintillante di stelle, in quel silenzio (...). Ci sentivamo dinanzi a una per noi nuova, imponentissima rivelazione dell'onnipotenza e maestà di Dio".



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