Tra le Dolomiti ampezzane ci si potrebbe perdere senza alcun rimpianto. Me se si dovesse scegliere una cima da conquistare, un territorio da esplorare e, simultaneamente, un mondo da vivere, amare e ricordare, ecco le Tofàne!
Alle pendici delle Tofane |
L’11 agosto del 2020, da Cortina d'Ampezzo - la perla del Cadore in provincia di Belluno - imbocchiamo la SR48 che conduce al Passo Falzarego e, dopo una decina di chilometri, svoltiamo a destra in direzione del rifugio Dibona, raggiungibile con circa 4 km di asfaltato e sterrato, a quota 2083. Qui, dopo un veloce caffè, cominciamo a risalire la strada sterrata - sentiero 403 - che, con qualche tornantino tra gli ultimi abeti del bosco, conduce prima allo spallone erboso e poi al classico ghiaione che caratterizza le Dolomiti, fino ad arrivare alla lunga diagonale che porta alla base della forcella Fontananegra.
Verso la forcella Fontananegra |
Percorriamo gli ultimi metri del cono detritico della forcella zigzagando su un comodo camminamento terrazzato, attraversiamo una zona di massi, sostiamo per un istante nei pressi dell'ex rifugio Cantore - rifugio inaugurato dal CAI nel 1921 dopo aver ristrutturato una caserma degli Alpini e dedicato al gen. Antonio Cantore caduto quassù durante la Grande Guerra - e, poco oltre, raggiungiamo il nuovo rifugio Giussani, una struttura del CAI inaugurata nel 1972 e dedicata all'alpinista avv. Camillo Giussani, a quota 2561. Troviamo qui una struttura comoda, di grandi dimensioni, ottimamente mantenuta e gestita, con un'accoglienza, potremo dire, professionale. Gli stranieri non sono molti in questa estate di Covid19 ma gli amanti delle alte terre non mancano. Buona cucina, ottime camere, bravissime persone.
Scorcio sulla cima di Rozes |
La mattina seguente cominciamo a risalire in direzione della cima di Rozes percorrendo il sentiero segnalato da bolli blu e rossi che si districa tra i massi della forcella e poi corre in diagonale sul ghiaione che dalla mole della montagna scende a valle come una improbabile spiaggia di arena, obliqua e polverosa. Arriviamo rapidamente ad un canalino roccioso. Dai fianchi della montagna scorrono innumerevoli rivoli di acqua ma la roccia resta ruvida, aderente al contatto, mai scivolosa, come gommata... Superiamo una serie di fasce rocciose terrazzate e di roccette, risaliamo alcune placche inclinate e, seguendo tracce ora segnate solo da bolli blu e ometti, guadagniamo il crestone Nord-Ovest.
Il crestone Nord-Ovest |
Giunti in cresta, seguiamo il sentiero detritico che, con qualche svolta, velocemente ci porta in vetta. A 3225 m. la magia della verticalità rocciosa delle Dolomiti lascia il palcoscenico alla spettacolare vastità di un oceano fatto di cielo azzurro e fondali rocciosi. Appoggiati alla grande croce di vetta diamo nome agli enormi ammassi rocciosi di dolomite che formano questo meraviglioso mondo protetto dall'UNESCO: la Marmolada, le Pale di San Martino, il Gruppo Sella e poi il Pelmo, il Monte Civetta, l'Antelao, il Cristallo. Al sole d'agosto, i gruppi dolomitici appaiono così lontani eppure così legati tra loro da formare un'unica, immensa corona di cristallo con l'osservatore al centro, come una gemma sommitale. Queste montagne si offrono davvero, a chi le osserva dall'alto, come un dono di potente bellezza.
Panorama dalla vetta di Rozes |
In discesa, decidiamo di fare una breve deviazione per esplorare quella caratteristica formazione rocciosa chiamata comunemente Tre Dita e posta alla base della cupola sommitale del Rozes come sulla prua di un gigantesco bastimento. Sotto le Tre Dita troviamo un'apertura, una bocca che introduce in un ambiente che ancora oggi parla della Grande Guerra e delle vite di chi l'ha combattuta.
Le Tre Dita |
Volgendo sui nostri passi ritorniamo al rifugio Giussani e, da qui, ridiscendiamo il cono detritico della forcella Fontananegra fino alla base del canalone. Qui un cartello indica un sentiero, alla destra per chi scende, che conduce al Castelletto della Tofana, un luogo unico per fascino ed importanza storica raggiungibile con un lungo percorso che corre alla base della grande parete Sud: il Castelletto è un roccione appoggiato alla Tofana di Rozes entro il quale gli austriaci scavarono una serie di gallerie, con feritoie per le mitragliatrici e per i cannoncini a tiro rapido, praticamente inespugnabili. Così venne descritto nella relazione dell'ufficiale italiano dopo la battaglia: "una appendice della Tofana di Roces, a forma di balconata a ferro di cavallo contornata alla periferia da numerose guglie".
Il Castelletto |
Oltre il Castelletto troviamo l'inizio del percorso Lipella, una delle ferrate più conosciute e frequentate delle Dolomiti che ripercorre inizialmente una galleria scavata da militari italiani nel 15-18 per poi continuare tra le rocce della montagna.
Per non dimenticare: il Castelletto venne infine preso dagli italiani dopo lo scavo di 500 m. di galleria e l'asporto di 2200 metri cubi di roccia viva, in condizioni incredibili, tra abbondanti nevicate e valanghe e, soprattutto, sotto il tiro degli obici austriaci situati a non più di 50-150 m. di distanza. L'11 luglio 1916, con una mina di gelatina e fulmicotone, gli Alpini riuscirono finalmente a polverizzare parte del Castelletto permettendone la conquista dopo 7 mesi di lavoro.
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