Il Lago della Rossa |
Il 1° di agosto del 2020, lasciata l'auto all'altezza dell'Alpe Barnas (1700 m.), posta al fondo del vallone che da Usseglio risale il torrente d'Arnas, abbiamo percorso i 6 km di asfaltato e di sterrato (compresa una lineare galleria di circa 500 m.) che conducono con ampi tornanti alla Torre, una delle tante costruzioni dell'Enel presenti in zona, posta nei pressi di un laghetto che nessuno ha saputo battezzare con un nome proprio se non con "Lago dietro la Torre", a quota 2366 m. Da lì, prima proseguendo su sterrato, poi risalendo lo spallone erboso della Cresta dei Gurgiun, siamo giunti al bellissimo Lago della Rossa (2718 m.), un bacino artificiale contenuto da un diga dell'Enel, posto ai piedi del Croce Rossa ed al cospetto della Punta d'Arnas. Percorsa la diga e fatta scorta di acqua nei pressi del bel bivacco S. Camillo, abbiamo proseguito lungo la sponda sinistra del lago (ricco di trote) in direzione del Colle dell'Altare, seguendo il tracciato del Tour della Bessanese ben segnato da tacche rosse-bianche e numerosi ometti.
Verso il Colle dell'Altare |
Dopo l'estasi dello spettacolo alpino fatto di acqua, roccia, cielo e ghiaccio, dunque, superiamo le pietraie che si gettano nel lago e, approfittando dei numerosi residui di neve di questo inizio d'agosto, risaliamo le pendici del Colle attraverso un canalino innevato che taglia lo spartiacque tra le pendici del Croce Rossa e la Cresta del Cügni. A 2900 m. svalichiamo il Colle dell'Altare per discendere verso il Pian Sabiunin, il pianoro posto sotto i laghi del Pieracial. Qui troviamo lo pluricentennale Rifugio Cibrario, un accogliente rifugio CAI a 2616 m. di quota, storica eredità della famiglia Re Fiorentin e, più ancora, del Vulpot (il sig. Guido Ferro Famin) in grado di ospitare fino a 42 persone.
Il Cibrario |
Trascorsa la notte al Cibrario, la mattina del 2 agosto partiamo per il Colle della Valletta. Rimontiamo il sentiero che parte subito ripido ad O del rifugio e che ad ogni passo guadagna quota sul bel pianoro del Sabiunin, fino a toccare l'estremità S dello splendido lago di Peraciaval (2745 m.). Qui, attraversando la cascatella che dal lago si getta nel pianoro non possiamo non ammirare l'imponente mole del Sulè, del Lera e di tutte le vette che ci fronteggiano scure, cariche di ombre e levigate dall'acqua. Dopo qualche passo relativamente pianeggiante, comincia la ripida ascesa al Colle in direzione NO su pendii di pietrame, spalle erbose e tratti detritici, fino all'ampia depressione che caratterizza il Colle della Valletta a quota 3207. Da qui, come già detto, in pochi minuti, risalendo la cresta a sinistra, giungiamo sulla Punta Nord del Peraciaval (3242 m.). In cima troviamo solo un paio di ometti ma, in compenso, ci godiamo un panorama meraviglioso, dal Glacier de la Vallettaz giù in basso fino alle vette più alte della Punta Valletta, del Croce Rossa, dell'Ouille du Favre.
Glacier de la Vallettaz |
Dopo le foto di rito, scendiamo rapidamente ritornando sui nostri passi fino al Rifugio e poi proseguiamo per il sentiero 118, il classico tracciato di chi desidera salire al rifugio da Margone o dall'Alpe Barnas. Dalla conca del Peraciaval, il sentiero discende alternando ripidi zig-zag a lunghe diagonali fino al ponticello di legno che consente l'attraversamento del Rio proprio al di sopra delle sue forre (2324 m.). Scendendo per tornanti e diagonali, ampi scorci e ontani, attraversiamo un canale molto eroso e giungiamo in prossimità delle cascatelle formate dal Rio della Lera in caduta ripida. Qui, subito dopo il torrente incontriamo il bivio dove il sentiero consente di proseguire diritto per Margone o di scendere ripido verso il vallone d'Arnas. Imbocchiamo dunque il sentiero a sinistra, il 120, e scendiamo rapidamente lungo pratoni e tratti rocciosi fino ad incrociare un tracciolino, la vecchia decauville costruita in passato per i lavori della diga del lago di Malciaussia.
Il laghetto di Peraciaval |
Un percorso, dunque, ad anello, lungo ma affascinante, con circa 2000 m. di dislivello da affrontare in due giorni e davvero molti chilometri, in un ambiente ancora selvaggio seppur fortemente antropomorfizzato da dighe, vecchie teleferiche e tracciolini. Da consigliare assolutamente ai più allenati.
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