Il più alto monte dell'Appennino, un massiccio di roccia a due passi dal mare e coronato da numerose ed aeree punte: l'Intermesoli, il Corvo, il Cefalone, il Camicia... Una catena che domina il centro Italia. Il Gran sasso è montagna vera e completa: boschi, immensi altopiani prativi, pareti strapiombanti.
Il Grande Corno del Gran Sasso venne conquistato nel 1573 dall'ormai settantenne Francesco De Marchi, ingegnere militare bolognese a servizio di Margherita d'Austria, e dalla guida Francesco Di Domenico (probabilmente la prima guida italiana della storia). Salirono in 5 ore e un quarto ed effettuarono una serie di misurazioni. Non furono però i primi. Come lo stesso De Marchi riferì, vennero preceduto sulla vetta da numerosi cacciatori di camosci. La successiva scalata a noi nota avvenne invece 221 anni dopo ad opera di Orazio Delfico, studioso di Teramo (allievo di Volta e Spallanzani) che salì sul Corno Grande nel 1794 per curiosità scientifica. La prima ascensione invernale giunse nel gennaio 1880 grazie a Corradino e Gaudenzio Sella, nipoti dello statista-alpinista Quintino. L'apertura del primo rifugio, il rifugio Garibaldi (1886) inaugurò l'epoca delle guide. Poi giunse il tempo dell'alpinismo sportivo, competitivo e, con esso, la scoperta del Gran Sasso dal vasto pubblico. Oggi, il presente, si chiama "Parco Nazionale Gran Sasso-Laga".
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Cardi |
Il Gruppo, lungo quasi 50 km, è composto da due catene sub-parallele separate da un'ampia depressione mediana, caratterizzate da una serie stratigrafica molto variegata fra le cui componenti principali figurano però sempre dolomie, calcari e marne.
Il 17 agosto 2012 siamo stati sul Corno Grande. Partiti dalla località "Laghetta", sopra Prati di Tivo, abbiamo imboccato il sentiero denominato SI che risale il largo crestone erboso, molto panoramico, oltrepassa il folle albergo mai concluso detto "Diruto" (1896 m.) e conduce al terminale superiore della seggiovia "La Madonnina" (Arapietra, 2012 m.). Il sentiero, il 3, prosegue a sinistra della dorsale e risale, con tornanti e brevi svolte, sino a raggiungere, alla base delle rocce della cresta NE del Corno Piccolo, il Passo delle Scalette (2100 m.).
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Il Rifugio Franchetti |
Si scende leggermente per un breve tratto esposto e si entra finalmente nel Vallone delle Cornacchie. Si attraversa una zona di grandi massi grigi e si raggiunge uno sperone roccioso che divide in due la valle per una cengia esposta assicurata con una corda fissa. A questo punto, si risale con ripide svolte e si attraversa una zona di massi calcarei che conducono rapidamente ai piedi del Rifugio Franchetti, posto sul culmine dello sperone (2433 m.). Questo rifugio è il più alto del Gran Sasso, venne costruito nel 1959 dal CAI di Roma e ha attualmente circa 20 posti letto. Per giungere alla Sella dei due Corni, continuare il sentiero a destra, sentiero che prima corre lungo il ghiaione del Vallone delle Cornacchie e poi guadagna la Sella con brevi e ripide svolte (2547 m.).
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Scorcio dal Passo del Cannone |
Una volta giunti sulla Sella è possibile affacciarsi sul Vallone dei Ginepri ed ammirare le meravigliose Fiamme di Pietra e l'imponente sagoma dell'Intermesoli che si getta a precipizio sulla Val Maone. Questo monte, l'Intermesoli, venne in passato chiamato dai pastori "Monte Grillo" e potrebbe essere quel monte che il De Marchi, nelle sue relazioni, chiamò "Monte Pizzuto". Ad ogni modo, oggi si chiama così per via del paesino che si trova sulla sua dorsale nord e che deve il suo nome al fatto di essere tra (
inter) due valli torrentizie - quella del Rio Arno e quella del Venacquaro - e quindi di essere come una sorta di isola (
insula). Dalla Sella, risalendo a sinistra la cresta detritica fin sotto le rocce, si giunge ad un bivio. Da qui si svolta a destra e si risale una paretina attrezzata con catena e rampa. Poi si traversa verso destra fino al Passo del Cannone (2679 m.). A questo punto occorre proseguire in sali-scendi e oltrepassare una cresta seguendo il sentiero che scende verso la Conca degli Invalidi. Ad un bivio, si abbandona il sentiero e se ne imbocca un altro che risale a sinistra il ripido pendio di roccia e ghiaia a destra della cresta nord del Corno Grande.
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Quel che resta del Ghiacciaio del Calderone |
Poco sotto la vetta si raggiunge la cresta sospesa sul ghiacciaio e, qualche minuto dopo, la cima del Corno Grande (2912 m.).
Dalla cima il ghiacciaio appare veramente poca cosa. È l'unico dell'Appennino ed è il più a sud di tutti i ghiacciai d'Europa. Rischia l'estinzione ed è ricoperto da detriti: per questo motivo viene spesso definito "piccolo ghiacciaio nero".
Anche l'insieme del massiccio, dalla vetta, genera una certa impressione. Questo immenso ammasso di roccia appare come un'enorme e spessa pila di 1000 metri di strati sub-orizzontali di dolomia e di calcare massiccio. Sul lato sinistro la serie è caratterizzata dai calcari marnosi del Passo del Cannone, dalle ammoniti (
Lias) della Sella dei Due Corni, dal calcare del Corno Piccolo e dalle arenarie mioceniche dei Prati di Tivo. Sul lato destro della Valle delle Cornacchie, scendendo dall'anticima della Vetta Orientale lungo la cresta nord, campeggia un pacco di strati verticali di dolomie e calcare massiccio interrotto dalla famosa "cengia dei fiori", sub-orizzontale.
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La vetta del Corno Grande |
Gli antichi classici latini lo chiamarono
Fiscellus Mons. Monte Corno fu il nome affibbiatogli nel medioevo e solo dal Rinascimento in poi, pare, si incominciò ad indicarlo con il nome di Gran Sasso.
Il Gran Sasso o Grande Corno, in effetti, consta di tre vette, quella Occidentale di 2912 m. (la nostra meta), quella Centrale di 2893 m. e quella Orientale di 2903 m.).
In cima, una croce di ferro, un libro di vetta ed un curioso bullone che segna ufficialmente il punto più alto degli Appennini.
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Il piazzale dell'Albergo di Campo Imperatore |
Il 22 agosto 2012 risaliamo di nuovo i monti del Gran Sasso, ma questa volta dal versante aquilano di Campo Imperatore, per una panoramica escursione al Pizzo Cefalone e per la Punta da poco intitolata a Giovanni Paolo II.
Si tratta di una bella camminata in cresta, eccezionale per la varietà di panorami sul gruppo del Gran Sasso. Dal piazzale dell'Albergo di Campo Imperatore (2130 m.) si segue la pista ghiaiosa che costeggia l'Osservatorio astronomico e, divenuta un zigzagante sentiero, risale il ripido pendio erboso fino al rifugio Duca degli Abruzzi (2388 m.), già visibile dall'albergo. Da qui si continua a sinistra per la cresta che conduce sino al Monte Portella (2385 m.). Con una serie di sali-scendi, si supera un cucuzzolo, cui segue una ripida discesa, si taglia a sinistra della cresta e si giunge ad un piccolo intaglio (il Passo della Portella, 2260 m.). Si scende ancora qualche metro a sinistra e si segue a destra il sentiero che sale e raggiunge, sotto un secondo cucuzzolo (2326 m.), un altro piccolo intaglio della cresta. A questo punto occorre attraversare il ripido ed aereo pendio e superare un canalone che conduce alla rocciosa piramide terminale.
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Panorama dal Pizzo Cefalone |
Si taglia ancora a sinistra, passando sotto una roccia aggettante, sino alla base di un canalone ghiaioso; zigzagando prima sul pendio alla sua destra, poi in alto nel canale, si raggiungono le rocce finali per le quali facilmente, dopo neanche due ore, si guadagna la vetta (2533 m.).
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Il Pizzo Cefalone visto dalla punta Giovanni Paolo II |
Proseguendo lungo il filo di cresta, si discende il versante sudovest del pizzo e si riguadagna quota fino a giungere alle rocce terminali della Punta Giovanni Paolo II (2425 m.). Qui, una bella croce di 2 metri e 30 cm con l'effige di Papa Karol Wojtyla e dei quattro protettori della città dell'Aquila accoglie gli escursionisti.
Questa punta risulta dunque essere ubicata sulla Cresta delle Malecoste, ben in vista della Chiesa di S. Pietro della Ienca, un tempietto medioevale dedicato al primo Papa in cui Giovanni Paolo II si soffermò in preghiera più volte. La punta era denominata il "gendarme" ma mai con i crismi dell'ufficialità, né nella cartografia dell'Istituto Geografico, né sulle mappe locali dei montanari. Una cima minore, dunque, senza nome.
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La croce sulla Punta Giovanni Paolo II |
L'itinerario di discesa può ricalcare sostanzialmente quello di salita fino al Passo della Portella. Qui è possibile abbandonare la cresta e seguire il bel sentiero che attraversa in discesa verso sinistra il vallone della Portella e che raggiunge, su una cresta, il Passo del Lupo (2156 m.). A questo punto si tralascia il sentiero che discende a destra nel vallone e si attraversa verso sinistra il concavo versante sud del Monte Portella, prima in piano, poi in leggera salita. Si giunge su un largo dosso e si imbocca, a destra, un bivio. Attraversato un secondo ampio vallone si giunge in breve al punto di partenza.
Il 22 agosto 2014 invece, ritornati sul Pizzo Cefalone (nome probabilmente derivante dal verbo abruzzese "scifolare", scivolare), abbiamo optato per una rapida discesa della cresta Nord che conduce sullo spartiacque tra la Val Maone e la Valle Venacquaro. Si ridiscende dunque la cresta superando qualche saltino roccioso di I grado (da affrontare con prudenza data la natura detritica del terreno), intervallati da ghiaioni, canalini ed un sistema di cengie di roccia non buona e brecciolino, fino a giungere prima alla Sella del Cefalone (2320 m.) e poi, percorrendo la cresta, alla Sella dei Grilli (2220 m.). Da qui si segue la traccia che conduce fin sul cono sommitale del Pizzo Intermesoli (2635 m.), traccia un po' scomoda, su ghiaioni e pietraie poco stabili caratterizzate da materiale detritico e brecciolino. Superata una fascia rocciosa mediante un ripido passaggio attraverso un canalino, si raggiunge velocemente la vetta segnalata da una piccola madonnina di ferro.
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Il Pizzo Intermesoli, a sinistra, e la Val Maone |
Per il rientro a Campo Imperatore è possibile tornare sui propri passi evitando di risalire nuovamente il Cefalone. Si ridiscende alla Sella del Cefalone e, da qui, si percorre il bel sentiero che, dal lato della Val Maone, scende prima zigzagando e poi diritto a mezza costa lungo tutto il pendio della grande conca sottostante la parete del Gefalone, sino a raggiungere ad una serie di intagli della cresta denominata "la Portella" (2260 m.). Da qui, abbandonata la cresta, si segue il bel sentiero che attraversa in discesa verso sinistra il Vallone della Portella e raggiunge, su una seconda cresta, il Passo del Lupo (2156 m.). Tralasciato il sentiero che scende a destra nel vallone della Portella, si attraversa a sinistra il concavo versante Sud del M. Portella, prima in piano, poi in leggera salita. Giunti ad un bivio su un largo dosso, si tiene la destra e, dopo aver attraversato un secondo vallone, si giunge al luogo di partenza.
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