Mont Vélan, 3731 m. |
I due cacciatori si rivelarono due "smidollati", buoni solo a lamentarsi (per il caldo, per la fatica, per la nostalgia di casa); l'abate, tra una misurazione di barometro ed una di termometro, dovette persino piantare personalmente i pioli sul ripido pendio di ghiaccio e trascinarsi sù i due compagni. In una lettera indirizzata a Bourrit scrisse:
"Avreste visto [da lassù] l'universo sotto i vostri piedi, le punte aguzze delle cime più alte che sembravano un mare in tempesta" (C. Engel, A History of Mountaineering in the Alps, Allen and Unwin, London 1950, p. 32). Murith fu uno dei primi a contemplare il mondo dall'alto di una cima. Come lui, anche i fratelli ginevrini Jean-André e Guillaume-Antoine Le Duc, poterono raccontare quest'esperienza. Nel 1770 giunsero in cima al Buet, una montagna di 3099 m. per provare a bollire dell'acqua e per scoprirne il paesaggio. Al loro ritorno, Guillaume-Antoine ebbe modo di scrivere: "Tra una nuvola e l'altra potevamo scorgere le alte vette tutte imbiancate di neve fresca: sembravano giganti di dimensioni enormi, vecchi quanto il mondo, che stavano alla finestra e guardavano in basso verso di noi, povere piccole creature striscianti" (Engel, A History of Mountaineering, p. 31).
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