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Il Lago Serrù dal rifugio Ballotta |
Quando si dice che la meta è incerta cosa si intende? Non solo che non è mai sicuro di poter arrivare perché non la si vede, ma anche che quando si sale in montagna, a volte, capita di camminare con un pensiero fisso: sono senza certezze perché di qua non ci sono mai passato, senza tempo perché è tardi e ho già sbagliato sentiero due volte, senza una cartina decente, senza forze, senza ore di sonno sufficienti alle spalle, senza l'attrezzatura idonea a ciò che vedo da sotto, senza possibilità di chiedere aiuto perché non c'è segnale, senza acqua, senza voglia di rischiare oggi, e poi dovrebbe cambiare il tempo... Questo è un po' il senso della gita di ferragosto 2016.
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Il rifugio Ballotta |
Lasciata l'auto sotto la diga del Lago Serrù (parcheggio estivo), e fatti un paio di tornanti della statale che sale al Nivolet, arriva il primo grave errore. Invece di guadagnare il sentiero che a mezza costa costeggia il lago sul lato orografico sinistro (alto sulla sponda del bacino artificiale), mi avvio per il sentiero che corre a bordo lago, lo circumnavigo fino alla sponda destra per poi accorgermi di essere completamente fuori tracciato. Ritorno sul lato sinistro e, per conquistare il sentiero esatto, che corre sotto una bastionata rocciosa, risalgo un cono detritico con pendenze veramente faticose. Giunto sulla giusta via che conduce al rifugio Ballotta (sempre segnata con tacche rosse e bolli metallici del Parco del Gran Paradiso) ritrovo un po' di serenità. Il rifugio, del 1940, sorge su uno sperone roccioso a 2470 m., accanto al canalino chiamato "piccolo Colluret" che conduce al Piano della Ballotta, lungo il sentiero che porta al Passo della Galisia. Lo trovo chiuso: è infatti di proprietà del Ministero dell'Economia, in comodato al CAI di Rivarolo e se si vuole la chiave occorre rivolgersi al Bar Stella Alpina di Ceresole Reale, borgata Villa.
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Il Pian della Ballotta |
Rimontato il canalino "piccolo Colluret" (corde fisse e scalini di tondino d'acciaio) sbuco sul Piano della Ballotta. Superato il ponticello sulla cascata che si getta giù nel lago, seguo il sentiero che conduce a sinistra rispetto al pianoro. Poco dopo, il secondo errore. Invece di percorrere il sentiero segnato con bolli rossi per il Colle della Losa, mi faccio ingannare da una serie di ometti più a sinistra e mi dirigo sulla pietraia che conduce in direzione del Passo della Vacca. Mi trovo così a risalire le ripide pendici della conca all'altezza di un'ampia cascata di acqua, inseguendo sporadici ometti che mi conducono in cresta al termine di un lungo susseguirsi di pietraie instabili e nevai. Mi accorgo così di essere risalito nei pressi della Cima della Vacca. Così, volgo a destra e comincio a percorrere la lunga cresta di confine che chiude il vallone, dal Passo della Vacca (2980 m.) fino alla Cima Gran Cocor (3031 m.), passando per il Passo della Losa (2970 m.).
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Sul Passo della Vacca |
Dopo le foto di rito e uno sguardo al panorama (limitato al versante francese, la Val-d'Isère, data la presenza di nebbia che saliva dalla Valle Locana), ritorno al Passo della Losa dove apprendo l'origine (facilmente intuibile) del nome. Sul passo infatti trovo una placca di bronzo con scritto: "Losa, nome di questo colle, lo è anche delle lastre di pietra che, ricavate facilmente tra le rocce di queste montagne, da secoli vengono usate per coprire i tetti di qua e di là delle Alpi. Segna il punto più alto del sentiero internazionale che unisce i due parchi e i due comuni".
La discesa, dal Passo delle Lose, inizia con un tratto molto ripido ma attrezzato con corde e scalinato con staffe d'acciaio.
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Il Passo delle Lose |
Finalmente ritrovo le tacche rosse e mi rendo conto che, su questo sentiero, la salita alla cresta sarebbe stata molto meno faticosa ed incerta. Il sentiero corre giù veloce e in pochi minuti conduce al Pian della Ballotta, sormontando un pratone che spezza in due la discesa. Dal pianoro ritorno sui miei passi contento di aver potuto esplorare un tratto di cresta così lungo. Da un rapido sguardo indietro, inoltre, mi rendo conto di quanto sia molto più infido il sentiero che scende dal Passo Galisia: una cosa da sconsigliare, almeno così, guardandolo da lontano. Alla fine ne è venuta fuori una bella giornata, da ricordare, inaspettata per come era cominciata ma, proprio per questo, emozionante e ricca di soddisfazioni.
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In cima al Gran Cocor |
A volte, più di altre, la meta è incerta, è vero, però è giusto che sia così. Questa è la montagna, queste sono le terre alte che non sempre sono facili da capire, da decifrare. Ma questi sono anche i luoghi in cui è facile sentirsi più liberi, più vivi, piccoli rispetto al creato e, allo stesso tempo, diversi da tutto ciò che ci attornia.
Anche questa è la magia del Gran Paradiso.
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