venerdì 12 agosto 2016

Corno Vitello (3054 m.)

Il Rifugio Arp
Sullo spartiacque tra la Val d'Ayas e la Valle del Lys, spunta una pinna di squalo di oltre 3000 metri, nota come Corno Vitello o, in dialetto walser, Chalberhorn. "Le roccie del Kalberhorn e del Pfaffe ricordano la curiosa leggenda di un vitello tenuto a battesimo da uno stupido chiericuzzo"; così scrivevano Giovanni Bobba e Luigi Vaccarone nel 1896. In walser, infatti, "pfaffe" significa pretaccio. Tre anni dopo, l'abbé Amé Gorret e Giovanni Varale specificarono meglio: "secondo essa, uno sciocco pretocolo, mentre una vacca partoriva, avrebbe impartito il battesimo al vitello. Lo scandalo sollevò rumore ed al prete fu imposto per penitenza di alternare lo studio colla preghiera"; in seguito, ritornato in montagna, si distinse in un coraggioso salvataggio di una mandria da una incombente frana; "da quel dì, la figura del prete sarebbe rimasta impressa sulla roccia e la punta avrebbe preso il nome di Corno Vitello.
Il lago Valfredda inferiore
Lasciata l'auto a Estoul (1815 m.), una frazione di Brusson (Val d'Ayas), il 12 agosto 2016 ci siamo incamminati risalendo il sentiero marcato con il numero 5 o 5b, seguendo le indicazione per il Rifugio Arp, lungo uno sterratone che conduce al rifugio in due ore scarse. L'intero sentiero, rifatto nel 2006 e segnato con bolli numerati e frecce gialle, nonché veri e propri totem, è dotato di una segnaletica quasi autostradale. Superata la funivia che sale da Estoul, si incontra presto un bivio di strade, entrambe per il rifugio. Prendendo quella a destra si risparmia qualcosina in termini di tempo. Giunti al rifugio, occorre risalire sulla destra una serie di pratoni che, in pochissimo tempo, conducono a due laghetti, il Valfredda inferiore e quello superiore.
Giunti alle cresta che chiude la valletta sopra i laghi, incontriamo proprio uno degli enormi totem di moderna concezione. A questo punto risaliamo l'erbosa cresta che si inserisce nella dorsale intervalliva, la cresta sud-ovest del Vitello, detritica e caratterizzata da un traverso in pietraia sempre ben segnato da frecce gialle. Qui ora si cammina su detriti e sfasciumi che si alternano a roccette, pietraie e tratti di sentiero ben battuto, evidentemente rifatto di recente. Procedendo sul traverso, si aggira un "dente" roccioso per giungere alla parete ovest del Corno. A questo punto non rimane che risalire con brevi svolte, l'ultimo salto, in linea verticale, che conduce alla vetta.
La lunga cresta erbosa
Guadagnata la vetta, si avrà l'opportunità di ammirare tutte le principali vette che circondano il Vallone di Palasina, il Testa Grigia e, dietro, il gruppo del Monte Rosa, e poi il Cervino, quell'enorme piramide di roccia su cui, qualche giorno fa, è salito un certo Jemie Andrew, un manager scozzese di 47 anni senza gambe e senza braccia, perse in un incidente sul Monte Bianco nel 1999, utilizzando solo le sue protesi e due esperte guide alpine inglesi. Al medico che lo amputò aveva detto: "Vedrai, qui tornerò". E così è stato.
la croce di vetta

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