lunedì 16 luglio 2018

Pale di S. Martino - Cima Vezzana (3196 m.)

Rifugio Pedrotti alla Rosetta
Nel Parco naturale di Paneveggio - Pale di S. Martino, o meglio, nel settore centro-occidentale dell'Altopiano delle Pale, a quota 2581, sorge su un vasto ripiano di rocce stratificate di vera dolomia, il rifugio "Giovanni Pedrotti alla Rosetta" (rifugio costruito dalla Società degli Alpinisti Tridentini nel lontano 1890, distrutto dalle guerre un paio di volte e sempre ricostruito), comodo ricovero per chi sale da S. Martino di Castrozza, a piedi o in cabinovia, e punto di partenza per numerose escursioni. Una delle salite più gratificanti per gli escursionisti è certamente la Cima Vezzana che, con i suoi 3196 m. di altezza, è la più alta del Gruppo delle Pale di S. Martino.
L'Altopiano delle Pale

Nella fredda e nebbiosa mattinata del 12 luglio 2018 mi sono dunque messo in marcia alla volta della Cima (conquistata per la prima volta nel 1872 dagli inglesi Freshfield e Comyns Tucker) seguendo il comodo sentiero 716 (tacche rosse e bianche) che, da dietro il rifugio, aggira a sinistra la Cima Corona e, attraverso un valloncello di ghiaia e sfasciumi abbastanza ripido nel tratto finale, conduce alla sella del Passo Bettega (2667). Alcune paline indicatrici rassicurano l'escursionista circa la direzione: Bivacco Fiamme Gialle e Passo del Travignolo. Dal Passo Bettega scendo verso sinistra su tratti di facili roccette gradinate (alcune leggermente esposte con passi di I grado) perdendo così un centinaio di metri di quota, fino a raggiungere il fondo della Val dei Cantoni, un ampio vallone tra la cresta dei Colcantoni e la Croda della Pala.
La Val dei Cantoni
Rimonto il vallone su ripidi ghiaioni e lingue di neve fino ad un restringimento, un ripido canalone attrezzato con qualche metro di cavo che supero agevolmente, e piego a sinistra su un salto di facili roccette gradinate fino alla conca superiore. Poco prima di giungere alla sella del Passo del Travignolo, tralascio le tracce che conducono a sinistra al Bivacco Fiamme Gialle e guadagno il Passo del Travignolo (2995).
Piegho dunque a destra per risalire su ripidi sfasciumi fino all'insellatura che collega la cresta della Vezzana con il Monte Nuvolo, tra pietraie non sempre stabili e nevai. Giunto sulla sella, immerso tra gelatinose nebbie e rassicuranti schiarite, rapito dagli scorci sulla Valle Travignolo che talvolta la montagna mi offre, piego a sinistra per rocce rotte e tracce fino alla spalla SE e proseguo per l'ampia cresta S fino alla vetta (3196). In cima trovo un semplice palo di ferro ed una piccola statuetta della Madonna fissata al terreno da una manciata di pietre bianche. Il panorama risulta spaccato in due: sul lato di salita della cresta la visibilità si riduce a qualche metro a causa della nebbia, sul lato dell'impressionante parete O le schiarite e gli squarci sul velo di vapore che ascende dal basso permettono di misurarne con l'occhio l'altezza. Certamente, non "una bella giornata".
Le rocce di cresta dalla vetta
Partito dunque dal Pedrotti qualche minuto prima delle 8, tocco la cuspide della Vezzana esattamente alle 11: tre ore di salita, con qualche pausa, per un dislivello parziale di 615 m. In realtà, tra saliscendi, passi e risalite, la sensazione è quella di aver dovuto superare almeno 200 m. in più di dislivello.
Ritornato sui miei passi, con qualche incertezza sulla sella del Nuvolo e al Passo del Travignolo a causa del nebbione, riguadagno il rifugio e scendo a S. Martino di Castrozza per il meritato riposo. Il giorno seguente, giunto nei pressi della Malga Civertaghe in compagnia di una coppia di amici romana, sollazzato da toma, salame e polenta, ecco, inaspettatamente, il momento poetico dell'escursione. Nel 1912 Guido Rey, il suo giovane amico Ugo De Amicis, e le guide tridentine Michele Bettega e Bortolo Zagonel, salirono la Cima Madonna. Al termine della scalata, il Guido ebbe modo di esprimersi così sulle pagine di "Alpinismo Acrobatico":

"La bella statua che ier sera è apparsa alla mia finestra. Ombra benigna sotto la luna. Mi sta ora addosso. Realtà dura e temibile; le sue forme possenti si sono definite, s'è accresciuta fino all'evidenza la misteriosa somiglianza che è tra questa rupe e il simulacro di un nome... L'idolo è seduto su un blocco squadrato a guisa di trono, la ginocchia congiunte, il busto eretto ed il volto corroso che guarda l'infinito.
Scorcio sul Cimon de la Pala
Ma un manto l'avvolge tutto, scendendo la capo ai piedi in rigide pieghe; mi ricorda certe immagini primitive della Madonna scolpita sui portali romantici. Da tale aspetto la fantasia dei montanari ha tratto il nome che diede alla Cima".


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