mercoledì 17 luglio 2019

Piz Boè (3152 m.)

Ecco un facile 3000 per chi si ritrovasse dalle parti della Val di Fassa, in Trentino, sulle Dolomiti del Gruppo Sella: il Piz Boè, una puntina incastonata su uno scenario alpino da favola, punteggiato di rifugi e altamente frequentato da turisti asiatici avio-trasportati dalla funivia che dal Passo conduce gli escursionisti infra-ditati direttamente sul Sass del Pordoi (oltre i 2900 m. di quota).
La salita che conduce alla Forcella dal lato del Pordoi
Raggiunto il mitico Passo di Coppi, Bartali e Simoni (2239 m.), il 14 luglio del 2019, lascio l'auto nel piazzale retrostante i ristoranti e i negozietti di souvenir e, verso le 14.00, comincio a risalire le pendici pratose che conducono verso il cono detritico che scende a valle dalla Forcella, sulla destra del Sass Pordoi. Il sentiero è il numero 627, ma in realtà ci sono molte linee di salita e tutte portano alla base del cono detritico. Non si può sbagliare. Al termine del polveroso serpentone, in meno di due ore, si giunge sulla Forcella dove attende il Rifugio Forcella Pordoi (2829 m.), un rifugio privato, a conduzione familiare, trasmesso di padre in figlio fin dagli anni 50 e curato oggi da Graziano & figli con l'aiuto di qualche altro volenteroso "rifugista" di stagione. Una bella struttura in muratura con camerone di circa 20 posti letto, una camera da 5, bagno con doccia davvero ben curato, ottima cucina.
Il Rifugio Forcella Pordoi
Con Graziano & C., se si è in pochi, si cena a base di minestrone polenta e salsicce, si chiacchiera, si ascoltano storie surreali di tentativi di furti del suo "pursel" e si gioca a carte (scala 40). In effetti, dietro il rifugio, c'è un maiale, che ha il compito di divorare gli avanzi della cucina, un gallo e una gallina. Ogni anno Graziano carica sul cestello della teleferica un maiale di 4-5 mesi, lo tiene in quota fino a fine settembre, e lo riporta molto più grasso giù con lo stesso sistema: un maiale d'alta quota, da non confondere con quelli molto più numerosi che salgono qui e vi abbandonano di tutto, comprese plastiche ed assorbenti.
La mattina seguente, verso le 9 e 30, mi incammino per il Piz Boè, invisibile per via della nebbia ma raggiungibilissimo lungo la cresta ben segnata da ometti giganti, castelli di pietre simili ad alti coni, paline colorate, tacche rosse... un altopiano tipicamente dolomitico godibile come un parco.
Il Piz Boè
Si attraversa qualche nevaio, si giunge ad una capannetta abbandonata, si supera qualche fascia rocciosa con l'aiuto di un paio di staffe e si risale senza fatica la cresta che conduce alla cima del Piz (3152 m.).
In vetta, una croce in ferro pesantemente addobbata con rosari e bandierine tibetane, un orribile pannello gigante per segnali telefonici (non funzionante e troppo oneroso da smontare) e, soprattutto, il Rifugio Capanna Bassa Fassa, un piccolo edificio in legno abitato da quattro volenterosi ragazzotti. All'interno l'atmosfera è decisamente rock: vengo accolto da This is the End dei The Doors preso su Spotify: qui c'è internet, 4G.
In cima al Piz Boè
La notte ha nevicato e sui tavoli esterni ci sono 5 cm. di neve. Fa decisamente freddo per essere alla metà di luglio. C'è nebbia e non si vede nulla.
Dopo una visita al "wc alpinistico" (ben segnalato da un cartello), scendo dal versante opposto seguendo le indicazioni per il Rifugio Boè, un edificio ben più grande dei precedenti, visibilmente attrezzato per accogliere le mandrie turistiche accompagnate quassù dalle guide locali ed ancora in espansione. Non ho la necessità di bere caffè, né la curiosità di entrare nel rifugio. Così mi rivolgo a sinistra e imbocco il sentiero 638 denominato "Altavia Dolomiti". In breve, con un lungo traverso, qualche lingua di neve calpestata e semplici passaggi con cavi d'acciaio, ritorno alla Forcella e, da qui, mi precipito giù verso il Passo Pordoi, prima dell'acquazzone pomeridiano.

In vetta


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