C'è una montagna, nella Val Varaita di Bellino, che pensavo di aver già fatto mia: il Monte Ferra. Il 15 luglio del 2016, infatti, al termine di una turbolenta nottata che ricoprì la valle di 15 cm di neve, risalii il Vallone di Rui fino in fondo per poi guadagnare il passo di Fiutrusa e, da lì, risalire la cresta ricoperta di verglass, fino alla croce di vetta. Pensavo, quel giorno, di essere giunto sulla cime del Ferra. E invece no. Era la Punta di Fiutrusa, più alta di qualche metro (3103 m). A distanza di 7 anni, guardando qualche immagine su internet, mi accorgo del grave errore: la croce di vetta non è la stessa. E dunque, eccomi di nuovo nella stessa Valle di Bellino, il 15 luglio del 2023, per rimediare all'errore.
Lascio l'auto nei pressi del rifugio Melezè (1800 m ca). Alle 9:07 imbocco un tracciato che costeggia un'area camping, del tipo tendopoli, segnalato da alcune paline come il GTA che conduce alle dirupate grange sovrastanti l'area. Superata l'area camping, entro nel bosco e giungo effettivamente alla prima di queste grange. Qui trovo un'indicazione per il Colle di Reisassetto, proprio ciò che cercavo. Svolto a sinistra. In effetti, mi rendo subito conto di dover tenere la sinistra il più possibile per non perdere il Vallone di Reisassa, quello giusto per il Monte Ferra.
Dopo il bosco, risalgo i pratoni coltivati a fieno per le numerose vacche al pascolo, dove l'erba alta ricopre tutto. Giunto finalmente nel vallone, il sentiero si distende sul fondo degli avvallamenti pascolivi. Alle 10: 30 arrivo nei pressi della diruta grange di Reisassa (2385 m). Qui trovo un bivio con due cartelli indicatori scritti a mano: a destra per il Monte Ferra, a sinistra per il Colle di Raisassetto.
Il sentiero diviene subito traccia, e la traccia spesso diviene invisibile. In questo caso, vado ad intuito. Aggiro i ruderi della grange e proseguo sul fondo del vallone. Il sentiero continua poco oltre sulle ondulazioni del terreno, tra bassa erba e pietrame, segnalato talvolta da ometti e tacche rosse. Dopo un buon tratto, alcune tracce mi portano a piegare verso destra, per un discreto traverso ben segnato che attraversa una copiosa risorgiva detta Les Fans (2550 m ca), una deviazione necessaria per superare il modesto salto roccioso che divide il vallone in due distinti livelli.
Superato il gradone roccioso, giungo, per tracce ora meglio visibili, alla conca terminale del vallone dove, alla base del Ferra, mi aspettava il Lago Reisassa (2720 m), uno dei rari specchi lacustri del bacino di Bellino, con la sua caratteristica forma di cuore. Sono le 11:43.
Qui ho modo di ammirare con calma questa massiccia montagna fatta di rocce metamorfiche, di scisti e di rioliti del Permiano, seduta sulla costiera che divide i valloni della Varaita di Chianale e di Bellino. Mi ricordo di aver letto da qualche parte che il nome "Ferra" dovrebbe derivare dal tardo latino fèrus, termine usato per designare una località isolata e selvaggia. In effetti, a parte una famigliola di stambecchi e qualche marmotta, pare di essere in un angolo abbandonato e sperduto del mondo.
Raggiungo la riva settentrionale del lago dove parte un evidente sentierino che sale alla meglio il pendio detritico-terroso della base del monte. Supero sulla destra un affioramento roccioso che emerge dal terreno scistoso e raggiungo così la base del versante sud della montagna (2870 m).
Da qui risalgo verso destra il dirupato versante, fino a guadagnare l'evidente avvallamento che conduce direttamente all'insellatura che forma lo spartiacque Bellino-Chianale (3024 m). Sono le 12:47. Ora di pranzo. C'è sole, qualche nuvola ristoratrice e, soprattutto, tira vento. Non mi rimane che risalire la cresta rocciosa che, in pochi minuti, mi conduce alla piccola croce del Monte Ferra (3094 m): una croce di ferro battuto, questa volta non cromata come quella della Fiustrusa, e del tutto uguale a quella vista su internet. Stavolta sono sul Ferra!
Mi fermo a guardare i monti circostanti: la Punta di Fiutrusa, il Pelvo d'Elva, ma soprattutto il Monviso. Il panorama sul Re delle Alpi è spettacolare! Giro un time-lapse di 20 minuti con le nuvole che attraversano velocemente l'inquadratura, e le ondate di vapore che salgono dal fondovalle verso il cielo, come lingue bianche arrotate, pettinando le creste. Il vento schiaffeggia la faccia e fischia nelle orecchie.
Dopo circa tre quarti d'ora comincio la discesa. Non voglio fare tardi. Scendo tentando di ripercorrere il tracciato di salita. Giunto a 2400 m mi tuffo nelle nuvole, che diventano nebbia ai 2200 e acqua intorno ai 2000, acqua che si infila nelle calze e riempie gli scarponi. Nei pratoni di fieno mi infracico fino alla vita. Arrivo a S. Anna di Bellino intorno alle 16:00, letteralmente zuppo di acqua, erba e fango. Qui, benedico l'idea formatasi nella mia mente la mattina di tenere in auto un cambio di vestiti asciutti in più.